Nell’ambito dei servizi coordinati dal Comando Provinciale di Grosseto finalizzati ad individuare i casi più consistenti di evasione e inosservanza delle regole poste a base della leale concorrenza, i finanzieri hanno portato a termine un’articolata attività ispettiva nei confronti di una sedicente “associazione sportiva dilettantistica” (a.s.d.), in realtà dimostratasi una vera e propria attività commerciale. 

In dettaglio, le Fiamme Gialle hanno effettuato una complessa indagine di polizia economico-finanziaria, anche con sviluppo di accertamenti bancari e invio di centinaia di questionari alle persone che risultavano “sulla carta” associate, ma con il mero consueto rilasciato di tessera affiliativa. La maggior parte dei “presunti” soci ha ammesso di non aver mai in realtà rivestito questo ruolo e di non aver partecipato all’attività associativa come invece prevedono le norme. In concreto, quali “semplici clienti”, in effetti avevano fruito dei servizi offerti e delle possibilità di svago/divertimento/corsi fitness, in relazione ai quali avevano pagato il dovuto e senza nessun altro tipo di contatto o effettiva partecipazione alla sedicente “associazione”. 

L’analisi dei flussi finanziari nei confronti della finta a.s.d., nonché di talune persone che ne ricoprivano cariche a vario titolo o comunque collegate, ha fatto emergere come nel corso di 5 anni – tutti antecedenti al periodo covid (ossia tra il 2015 ed il 2019) – sia stato incassato complessivamente poco più di un milione di euro (corrispondente essenzialmente alle false “quote associative”, in realtà veri e propri incassi e non contributi associativi), senza dichiarare nulla al fisco e senza che, in sede di contraddittorio, siano state fornite adeguate giustificazioni. 

Dal complesso degli accertamenti svolti è quindi emerso come la finta associazione non abbia rispettato i requisiti previsti, perdendo la qualificazione di ente associativo (ed i relativi benefici fiscali) e inquadrandosi piuttosto quale vera e proprio società/impresa, con tutti gli obblighi contabili conseguenti. In sostanza è stato fatto un uso distorto dello strumento associazionistico al solo fine di eludere il fisco e fare concorrenza sleale alle analoghe attività imprenditoriali che rispettano le norme, talchè l’ente è stato riqualificato in soggetto esercente “di fatto” un’attività d’impresa, con conseguente rideterminazione della base imponibile ai fini IRES, IRAP ed I.V.A. La sedicente “associazione” è risultata carente dei requisiti necessari per usufruire del regime fiscale agevolativo previsto dalla legge n. 398/91, in particolare l’assenza di democraticità/reale partecipazione della compagine sociale, attesa la sostanziale esclusione degli associati dalla vita associativa e dalla partecipazione alla volontà collettiva dell’ente. 


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