Un osservatorio per l’Afghanistan. Sull’Afghanistan. Serve,  con urgenza, la creazione di una commissione internaziona le, indipendente, che monitori il rispetto dei diritti civili e po litici delle donne e di chiunque si trovi in condizioni di vulne rabilità in questo Paese, di nuovo governato dai Talebani.  

La richiesta viene indirizzata al presidente del Consiglio Ma rio Draghi da docenti delle più prestigiose università italiane, intellettuali, giornaliste e giornalisti, imprenditrici, libere  professioniste, professionisti e cittadini che sostengono l’iniziativa lanciata da Barbara Cupisti, attrice e regista di  documentari (da Madri a Womanity, da Fratelli e sorelle,  storie di carcere a My America) di denuncia contro la viola zione dei diritti umani nel mondo. 

Visto il ruolo riconosciuto a livello internazionale al presi dente Draghi, gli viene rivolto questo appello – sottoscritto  anche da Amnesty International Italia – affinché il governo  italiano “in queste ore assuma un’iniziativa decisa a difesa  dei diritti delle donne afghane, per la loro incolumità pre sente e futura, e per tutti coloro che si trovino in condizioni  di vulnerabilità nel Paese”. La condanna a morte di un traduttore che ha lavorato per gli americani, notificata per lettera proprio in questi giorni, conferma la cancellazione rapida (e brutale) dei diritti civili rispettati negli ultimi venti anni. 

L’istituzione di un simile osservatorio appare, al momento,  una delle poche garanzie di sopravvivenza per le persone  che per scelta o per obbligo non possono abbandonare  l’Afghanistan e che negli ultimi venti anni hanno provato a costruire un Paese diverso, più inclusivo, nel quale istruzione, accesso all’università e alle professioni fosse garantito a  tutti senza esclusioni di genere né di religione né di altro. Il  percorso non è semplice, ma esistono istituzioni internazionali, dall’Onu all’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la  cooperazione in Europa) con competenze e mezzi per monitorare il rispetto dei diritti delle donne in modo indipendente e per sostenere la società civile. Non è accettabile  vedere una quindicenne in lacrime che posta un video nel  quale confessa alla comunità internazionale che a nessuno  importa del suo destino, del fatto che non potrà più andare  a scuola, che non potrà essere più libera. 

E’ necessario pretendere che il nuovo regime afghano (insediatosi, non eletto né scelto in modo democratico dalla  popolazione) si confronti con le organizzazioni internazionali. Riconosca alle organizzazioni internazionali il ruolo di  monitoraggio, appunto, del rispetto dei diritti delle donne e  di chiunque sia in una condizione di vulnerabilità, che in  questo momento in Afghanistan significa essere in pericolo di vita. 

A sollecitare un impegno in questa direzione al presidente  Draghi e, tramite lui, alla comunità internazionale, sono fra  gli altri docenti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa,  UniCal, La Sapienza, New York University in Florence, Politecnico Milano, Istituto Universitario Europeo, rappresentanti di ONG impegnate nella difesa e promozione dei diritti  umani tra le quali Refugees Welcome e Women in International Security ed esponenti del mondo della cultura e della politica.


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