15 donne uccise in nemmeno due mesi. E’ questo il triste bilancio che da inizio anno ha visto perdere la vita a mogli, madri, lavoratrici, donne fiere del loro essere donna e colpevoli – secondo chi ha tolto loro il bene più prezioso – di voler interrompere una relazione o semplicemente essere libere di fare la propria vita.
Solo nella giornata di ieri Rossella e Deborah, quest’ultima madre di quattro figli. E poi ancora  Victoria Osagie, Roberta Siragusa, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, Piera Napoli, Luljeta Heshta, Lidia Peschechera, Clara Ceccarelli, Deborah Saltori, Rossella Placati.
Un elenco lunghissimo che fa rabbrividire e che mostra la drammatica tendenza degli ultimi anni: nei primi 6 mesi del 2020 il numero dei femminicidi era pari al 45% del totale degli omicidi, contro il 35% dei primi sei mesi del 2019: hanno raggiunto il 50% durante il lockdown, a marzo e aprile 2020.
“Occorre intervenire quanto prima, decostruendo alcuni stereotipi, cambiare la mentalità  – soprattutto maschile – partendo dalle radici. Da uomo non posso poi non osservare che a fronte della continua crescita dell’universo femminile che oggi è sempre più baluardo della famiglia, ma si realizza anche sul lavoro, nella cultura e nella società, l’universo maschile non riesca ad essere all’altezza dei mutamenti; quasi che un uomo non sappia confrontarsi se non da posizioni di forza o di privilegio, che ai passi avanti delle donne corrispondano quelli indietro degli uomini. E allora va detto con chiarezza che chi usa qualsiasi forma di violenza nei confronti di una donna è un mezzo-uomo, una persona incapace di rappresentare il suo ruolo e di farsi valere per quello che riesce ad essere.
E’ necessario dunque stravolgere i vecchi preconcetti, iniziando dall’educazione nelle scuole e dal ruolo fondamentale della famiglia e delle istituzioni per arrivare ad una parità di genere reale e tangibile nel mondo sociale e economico e realizzando un’educazione sentimentale e sessuale che porti il maschio all’accettazione dell’altro come libertà e non come oggetto.
Riconosco che per cambiare la cultura servano tempi lunghi, ma più tardi si inizia, più tardi si arriva e per qualcuna di loro potrebbe essere davvero troppo tardi”.

Riccardo Zucconi, Deputato Fratelli d’Italia


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