Quest’anno ricorrono i 500 anni dalla realizzazione della Deposizione dalla croce, tavola dipinta eccelsa di Giovan Battista di Jacopo di Gasparre, detto il Rosso Fiorentino – che si firmava Rubeus -, conservata nella Pinacoteca Comunale di Volterra (PI).
Vero picco d’eccellenza della pittura manierista fiorentina del XVI secolo, la Deposizione di Rosso è presente in tutti i manuali di storia dell’arte e sin dall’Ottocento è uno dei motivi di visita a Volterra.
Un ideale “ponte” tra uno dei personaggi più estrosi della scena artistica fiorentina di cinque secoli fa e il panorama dell’arte contemporanea italiana. La gallerista Francesca Sacchi Tommasi ha ideato e organizzato Rubeus et alii, mostra di opere di Ugo Riva e Elena Mutinelli, curata da Antonio Natali e da Elisa Gradi, ispirata al rapporto affettivo e di rispetto che lega gli artisti di oggi a Rosso Fiorentino, capace di concepire un’opera tanto “contemporanea” come la “sua” Deposizione.
La mostra sarà inaugurata lunedì 21 giugno alle ore 17 nel Chiostro di Palazzo Minucci Solaini di Volterra (PI), sede della Pinacoteca Comunale dove è custodita la Deposizione di Rosso, per poi proseguire fino alla fine di agosto 2021; la presentazione ai media è prevista lo stesso giorno, alle ore 12; inoltre l’esposizione sarà arricchita dal catalogo edito da Capire edizioni, su cui troveranno spazio i saluti istituzionali, i testi dei curatori e una poesia di Davide Rondoni.
«Con la mostra “Rubeus et alii” – dice Giacomo Santi, Sindaco di Volterra – la Pinacoteca di Volterra accoglie un progetto espositivo di grande qualità. L’Amministrazione comunale è felice di partecipare a questa iniziativa che è nata per celebrare i 500 della Deposizione di Rosso Fiorentino, uno dei capolavori che esponiamo con orgoglio nei nostri musei. Un grazie a tutti coloro che hanno lavorato alla progettazione e realizzazione dell’esposizione».
«Quando le eccellenze s’incontrano e insieme costruiscono cultura e arte – aggiunge Dario Danti, Assessore alle Culture del Comune di Volterra -, l’emozione e la meraviglia non possono che trarne beneficio. Come ne trarrà sicuramente beneficio la nostra città e la nostra Pinacoteca. Due grandi artisti di fama internazionale, due grandi curatori e una importantissima galleria d’arte che ci consegnano un’esposizione unica per rigenerare uno spazio pubblico e civico, omaggiando la Deposizione del Rosso Fiorentino nell’anniversario della sua realizzazione. Siamo certi che questo evento è solo l’inizio di un intenso percorso comune»
«Quando un’opera d’arte è un capolavoro può ispirare gli artisti per secoli – chiosa Alessandro Furiesi, Direttore della Pinacoteca civica di Volterra -. È per questo motivo che la Deposizione del Rosso Fiorentino, dipinta nel 1521, continua ancora oggi, dopo cinque secoli, ad influenzare pittori e scultori. Questa è la genesi della mostra che si svolgerà in Pinacoteca per omaggiare il quadro che vi è conservato, grazie alle opere di Ugo Riva e Elena Mutinelli. Una mostra nata dalla collaborazione fra privato e pubblico, infatti è grazie al lavoro della galleria Etra Studio Tommasi, presentato alla Pinacoteca ormai più di un anno fa, che si è potuto lavorare su questo progetto. Si tratta di una operazione significativa, nel 500° anno dalla realizzazione del dipinto di Rosso Fiorentino. Una esposizione che accompagnerà i visitatori del museo per l’estate 2021 e che caratterizzerà la ripartenza della Pinacoteca di Volterra con un intervento di ampio respiro culturale».
La mostra
In totale saranno in mostra cinque opere progettate e realizzate appositamente per questa mostra-omaggio e, nonostante i due artisti siano lombardi – Ugo Riva è bergamasco e Elena Mutinelli è nata a Milano -, sedotti dal fascino del capolavoro manierista di Rosso Fiorentino e provenienti da esperienze artistiche assai diverse, entrambi hanno scelto di utilizzare materiali tipici della Toscana: la terracotta policroma e il marmo di Carrara.
Con la curatela di Antonio Natali (già Direttore della Galleria degli Uffizi), Ugo Riva propone a Volterra quattro opere in terracotta, la prima delle quali – dal titolo Solitudine – è stata realizzata durante i mesi terribili del primo lockdown. In essa le diverse figure poste circolarmente su una base di terracotta scura appaiono nell’atto di fuggire o disperarsi e non mancano simbologie e richiami a capisaldi della pittura rinascimentale fiorentina. «Sono innamorato da sempre di Rosso Fiorentino – dice l’Artista – a tal punto che già nel 1994 gli avevo dedicato una piccola scultura intitolata Le inquetudini del Rosso, dove risaltavo i cambiamenti rivoluzionari nell’arte di cui lui era stato protagonista. Poi rifeci quella scultura, un po’ più grande, nel 2010 per il “Four Seasons” di Firenze, dove tuttora si trova. Arriviamo così a questo progetto, pensato per essere mostrato sul pozzo del Chiostro di Palazzo Minucci Solaini e realizzato in terracotta, di cui in Toscana c’è una grande scuola, un materiale che mi dà un immenso piacere. Rispetto al progetto iniziale, alla fine si è rivelato un lavoro di ‘sottrazione’: ho eliminato la croce, che mi pareva anche banale, e le figure appaiono tutte come se fuggissero da un qualcosa di terribile. Ma perché? Perché in mezzo c’è stato il Covid. Io ho passato un anno da solo in studio, con i miei amici più cari che perdevo uno ad uno a causa della malattia, vivendo una solitudine tremenda, perché nel momento del dolore ognuno è solo con se stesso. Da cui il titolo dell’opera. Infatti nell’opera le figure non si toccano, il pianodi appoggio è pieno di squarci e ferite e perfino la Madonna ha le braccia alzate. Non c’è alcun gesto di condivisione».
L’artista bergamasco espone a Volterra altre tre opere: la prima si intitola Sine pietas et amor Dei, un’immagine cruda, violenta che pare un bue squartato, con sotto il Cristo deposto e il tutto inserito in una nicchia religiosa.
La terza scultura, Stabat Mater, è un richiamo alla speranza: si tratta di un altarolo, realmente proveniente da Napoli, in cui Riva vi ha modellato una “Deposizione”.
Infine, con Eros e Thanatos l’artista risalta la sensualità di Rosso Fiorentino, però senza staccarsi troppo dal tema della morte. La prima delle due figure è tratta da un Cristo di Rosso in mezzo a due grandi chiodi, mentre la seconda raffigura Cleopatra, in tutta la sua sensualità.
Scrive il curatore Natali sul catalogo: «Del Rosso, Riva celebra l’eccellenza linguistica e ravviva la memoria di pittore anticonformista. Anticonformista e spregiudicato, eppure fedele – come s’è già più volte detto – ai percorsi della tradizione, specie fiorentina, dall’antichità al passato più recente. Nel suo omaggio alla Deposizione del Rosso, Riva dà un séguito alla vicenda della tavola volterrana, raccontando ora quel che accadde dopo che il corpo di Gesù fu sconficcato dal legno su cui s’era compiuta quella morte scandalosa. E lo fa come se guardasse la cima del Golgota con gli occhi del Rosso, immaginandosi l’evolversi della gestualità dei pochi ch’erano rimasti ai piedi della croce. A osservare la concezione della rilettura della pala proposta da Riva, ci s’accorge che lo sgomento delle donne e il pianto ripiegato di Giovanni, prima raccolti all’ombra del martirio, sono stati scossi da un impulso centrifugo».
Con la curatela di Elisa Gradi, la milanese Elena Mutinelli porta a Volterra Manifesto Principio, scultura in marmo di Carrara alta quasi 170 centimetri, che ha richiesto un lungo lavoro di progettazione e di realizzazione e che ha potuto contare sul fondamentale sostegno della Mondial Granit Spa di Ragusa. Un Cristo morto, ma che sappiamo risorgerà, è la figura che “esce” da un blocco di marmo inarcandosi all’indietro, sorretta da due figure che a malapena si percepiscono stagliarsi dalla materia grezza: in particolare una mano, che pare viva, sorregge la testa del Figlio di Dio e dà l’immagine della morte e allo stesso tempo della vita che di lì a poco trionferà.
«In questa mia opera in marmo – afferma la scultrice milanese – ho voluto raffigurare la ciclicità teatrale tra la vita e la morte. Quando ho pensato alla Deposizione di Rosso Fiorentino mi è apparsa in mente un’immagine ferma, quasi allucinatoria, che mi ha portata a lavorare in maniera veloce. Ho sperimentato quindi, ben dopo i 50 anni, un modo nuovo di lavoro. Non pensavo potesse accadermi… E ciò ha creato in me una suggestione fortissima. Mi ha sedotto l’idea, ma soprattutto l’immediatezza di visione dell’opera nel blocco di marmo. Ho scelto questo materiale perché, essendo una concezione estremamente teatrale, volevo si rivelasse anche viva, palpitante e allo stesso tempo monumentale. Come solo una scultura in marmo può essere, che pare si muova, che permette sbalzi fortissimi di materia nel blocco, simboli di vita».
Scrive la curatrice Gradi sul catalogo «Un teatro, quello della Deposizione, che nelle sue più astratte sintesi plastiche dà forma, per Elena Mutinelli, a un labirinto magmatico, genesi di Manifesto Principio, gruppo scultoreo basato su un articolato sistema simbolico. Opera legata alla geometria degli spazi, alle aperture e alla valenza del gesto dei personaggi messi in scena dal Rosso nella pala volterrana, penetrata dallo sguardo dell’artista attraverso un passaggio che sottende un processo di iniziazione, di initium. È il momento aurorale al quale Elena Mutinelli affida una forma in perenne movimento, e dalla quale si genera la struttura centrale del Cristo, sorretto da due figure che assecondano la caduta del corpo riverso all’indietro; gli arti che si perdono nella pietra fluida e poi su, verso il volto che pare, ancora una volta, animarsi di un anelito di vita, prima di abbandonarsi nuovamente e rientrare nel ventre eterno del blocco di marmo».