Fisici e mercati finanziari? Si può. Anche se l’associazione può non sembrare immediata. Eppure, principi e tecniche propri della fisica possono essere molto efficaci nel descrivere processi tipici dei sistemi finanziari. Interpretare questi ultimi come reti, infatti, può migliorare notevolmente la nostra comprensione di fenomeni che sono rilevanti non solo per gli economisti ma anche per tutti noi, cittadini, attori pubblici e governi. Più nello specifico, è proprio la teoria delle reti complesse a rappresentare una cornice importante per studiare come gli shocks si propagano nei mercati finanziari, identificare i segnali precoci di crisi imminenti e ricostruire i collegamenti nascosti nei sistemi interbancari.
In un articolo di revisione appena pubblicato su Nature Reviews Physics, diversi studiosi hanno collaborato insieme per organizzare e aggiornare le conoscenze nel campo. Il risultato è una pubblicazione che riassume oltre quindici anni di ricerca interdisciplinare che evidenzia come l’approccio della fisica statistica abbia fatto luce su proprietà chiave di questi fenomeni. Gli autori rappresentano alcuni dei gruppi di ricerca del settore più attivi a livello internazionale, con sede presso la Scuola IMT Alti Studi Lucca, l’Università di Leiden, l’Università “Ca’ Foscari” di Venezia, l’Università di Zurigo, quella di Roma Tor Vergata, lo University College di Londra e la Bank of England.
Punto di partenza dell’analisi è il seguente: le istituzioni finanziarie del pianeta sono collegate tra loro in una rete globale di interazioni la cui struttura può essere analizzata quantitativamente per mezzo della teoria delle reti, il framework che studia la struttura e le conseguenze delle relazioni che connettono oggetti diversi nei grandi sistemi. In effetti, il sistema finanziario può essere visto come una rete i cui nodi rappresentano agenti – ad es. banche al dettaglio e di investimento, compagnie assicurative, fondi di investimento, banche centrali ma anche imprese non finanziarie e famiglie – e i cui collegamenti rappresentano le dipendenze tra i nodi.
I modelli tradizionalmente utilizzati da regolatori e decisori politici hanno considerato rappresentazioni troppo semplici dei sistemi finanziari, descrivendoli o come insiemi di attori isolati o come un “miscuglio” omogeneo in cui ogni attore interagisce allo stesso modo con tutti gli altri. Ma come la crisi del 2007-2008 ha drammaticamente dimostrato, entrambe le rappresentazioni non riescono a fornire una descrizione adeguata della struttura altamente eterogenea e intrecciata di questi sistemi, nonché delle conseguenti implicazioni per la società. Quando la crisi è scoppiata, le banche che sono fallite non hanno potuto ripagare il proprio debito, trascinando con loro altre banche e causandone il fallimento, in un effetto a cascata la cui dinamica è dipesa fortemente dai dettagli delle interconnessioni della rete interbancaria. Gli stessi decisori politici hanno ammesso di essersi sentiti abbandonati dai modelli economici tradizionali.
È qui che entra in gioco la teoria delle reti, chiarendo le interazioni tra la struttura della rete, l’eterogeneità delle caratteristiche individuali degli attori finanziari e le dinamiche di propagazione del rischio, in particolare del contagio, ovvero quell’effetto domino per cui l’instabilità di alcune istituzioni finanziarie può riverberarsi su altre a esse connesse. Il rischio associato è infatti “sistemico”, cioè sia prodotto che affrontato dal sistema nel suo insieme, come nei fenomeni collettivi studiati in fisica.
“Ogni banca determina il tasso di interesse per i prestiti ad altre banche, cercando in questo modo di proteggersi adeguatamente dal rischio, in base al livello percepito di rischiosità di tali banche, considerate individualmente”, spiega Diego Garlaschelli, professore associato alla Scuola IMT Alti Studi Lucca e all’Università di Leiden, nei Paesi Bassi. “Tuttavia, se quelle banche sono a loro volta interconnesse tramite altri prestiti, allora il rischio effettivo di un default collettivo può essere molto più alto. Poiché, però, l’esistenza di prestiti è tema protetto da privacy, è necessario pensare a nuove tecniche per riuscire a dedurre le proprietà chiave delle reti interbancarie a partire da informazioni parziali. Questo aspetto è fondamentale anche per le banche centrali che si sforzano di eseguire test affidabili sul sistema finanziario. Una generalizzazione non banale della cornice della fisica statistica ci ha permesso di affrontare questa sfida in modo originale».
La pubblicazione su Nature Reviews Physics è un riconoscimento del fatto che le reti finanziarie sono una delle nuove frontiere della fisica moderna, oltre ad attestare il ruolo chiave svolto dalla fisica statistica nel fornire una descrizione matematica della relazione tra proprietà microscopiche e macroscopiche di sistemi composti da più parti, comprese quelle sociali ed economiche.
Gli autori dell’articolo lavorano da diversi anni nel campo delle reti finanziarie. “I nostri metodi di ricostruzione della rete sono stati testati da vari gruppi in tutto il mondo, tra cui uno che riunisce ricercatori di diverse banche centrali, e sono stati riscontrati sistematicamente migliori degli altri”, afferma Tiziano Squartini, ricercatore in fisica alla Scuola IMT. “In collaborazione con la banca centrale olandese, abbiamo persino scoperto che, mentre la crisi del 2007-2008 è stata una sorpresa per i modelli tradizionali, un’analisi di rete che tenesse conto dell’eterogeneità delle banche avrebbe potuto prevederla con tre anni di anticipo”.
Oggi, a quasi quindici anni dalla crisi finanziaria, il ruolo delle reti ai fini di un monitoraggio della stabilità finanziaria e della progettazione di un regolamento macroprudenziale, ovvero che contempli il rischio collettivo e non solo individuale nei sistemi finanziari, è ampiamente riconosciuto. Decisori politici e ricercatori concordano sul fatto che il rischio sistemico debba essere studiato e gestito adottando proprio una prospettiva di rete. Parallelamente, è necessario che le istituzioni adottino modelli di rete per una più consapevole ed esatta valutazione del rischio. Ciò si riflette anche sull’azione e il dibattito politico delle più alte autorità finanziarie, sia negli Stati Uniti che qui da noi, in Europa.