Anche quest’anno il Consiglio regionale della Toscana ha scelto un luogo simbolo in cui svolgere la seduta solenne in occasione del Giorno della Memoria. Stavolta a Firenze, presso il Memoriale italiano di Auschwitz, in via Giannotti.
Come ha ricordato in apertura di seduta il presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo, “era un impegno che ci eravamo presi: celebrare questa seduta, ogni anno, in un luogo simbolico della nostra regione”, e Mazzeo ha ringraziato il Comune di Firenze rappresentato dall’assessora Maria Federica Giuliani per aver concesso di svolgere la seduta presso il Memoriale.
Il presidente ha voluto rivolgere un saluto particolare a uno dei presenti: Renzo Montini, classe 1928, fiorentino del quartiere di San Frediano, sopravvissuto ai campi di sterminio di Mauthausen ed Ebensee. Montini, prendendo la parola, ha raccontato l’inferno che ha vissuto da quando, ragazzino di 15 anni, fu prelevato insieme a tanti altri dalla banda Carità e spedito a Mauthausen e successivamente ad Ebensee, riuscendo miracolosamente a sopravvivere e a tornare, ridotto a uno scheletro di 40 chili, a casa. “Averlo qui con noi è un onore, le sue parole danno la misura di quanto sia importante tenere viva la memoria” ha detto Mazzeo.
Un breve saluto è stato rivolto dall’assessora Maria Federica Giuliani, la quale ha osservato “come questo luogo che è stato restituito a Firenze nel 2014 oggi è stato restituito a tutta la Toscana”.
Il Rabbino capo di Firenze, Gadi Piperno, ha spiegato che “uno dei motivi per cui gli ebrei sono riusciti a conservare la propria identità dopo la diaspora è la celebrazione di Pesach, serata in cui raccontiamo la nostra storia e la storia dell’uscita dall’Egitto mettendo al centro i bambini e rendendoli protagonisti”. “L’identità è fatta di storie che vanno trasmesse, analizzate e studiate – ha concluso – e il 27 gennaio è una data che parla della storia dell’Italia. Purtroppo abbiamo assistito a una serie di tentativi di svilire e strumentalizzare la nostra storia di italiani”.
Lorenzo Tombelli, presidente toscano di Aned, l’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti, ha ricordato che la data di celebrazione del Giorno della Memoria è stata fissata il 27 gennaio perché in quel giorno furono aperti i cancelli di Auschwitz, ma che “la deportazione è proseguita per molti mesi, con le marce della morte, con cui i detenuti venivano trasferiti da un lager all’altro”. Ha poi sottolineato che la deportazione è stata razziale, ma anche politica e militare, e che “il Giorno della Memoria deve ricordare i deportati nella loro totalità, gli ebrei in primis ma anche i partigiani e gli operai che scioperarono contro il regime, e in questo caso si assiste a un grande silenzio, i Testimoni di Geova renitenti alla leva, gli omosessuali, i Rom, i Sinti, gli apolidi”. “Come associazione ribadiamo con forza la necessità di porre termine a ogni conflitto facendo prevalere il concetto di solidarietà tra i popoli – ha aggiunto – e dobbiamo trasmettere questi valori nelle scuole. Un Giorno della Memoria non basta”.
Il presidente dell’Assemblea toscana Antonio Mazzeo, nel suo intervento, ha ribadito a più riprese come “il nostro compito è renderci ‘amplificatori’ di memoria, e fare memoria è gridare ‘mai più’”. “La Shoah non è stata un destino – ha osservato -. È stata una scelta, una terribile scelta, che non può assolvere chi l’ha compiuta. Quando, il 27 gennaio 1945, le truppe sovietiche entrarono nel campo di Auschwitz, trovarono la più imponente e sciagurata macchina di morte mai costruita nella storia dell’umanità. Nel cuore dell’Europa si era aperta una voragine che aveva inghiottito secoli di civiltà, di diritti, di conquiste, di cultura. Una delirante ideologia basata su inconcepibili teorie di superiorità razziale aveva cancellato, in poco tempo, i valori antichi di solidarietà, convivenza, tolleranza e perfino i più basilari sentimenti umani: quelli della pietà e della compassione.”
La giornata della Memoria, che si celebra il 27 gennaio in tutto il mondo, ha proseguito Mazzeo, “non ci impone solamente di ricordare i milioni di morti, i lutti e le sofferenze di tante vittime innocenti, tra cui molti italiane. Ci invita a prevenire e combattere, oggi e nel futuro, ogni germe di razzismo, antisemitismo, discriminazione e intolleranza. A partire dai banchi di scuola”.
Per farlo, ha detto ancora il presidente del Consiglio regionale, è importante ricordare che ci furono i Giusti, “uomini e donne che misero a rischio la loro stessa vita pur di salvare quella di altri. Persone che non si sono voltate dall’altra parte e che hanno deciso di non restare indifferenti, che hanno scelto la parte giusta, per l’appunto, da cui stare”. Simbolico, secondo Mazzeo, che il Memoriale Italiano di Auschwitz “sorga, fisicamente, all’incrocio tra viale Europa e piazza Gino Bartali. Da un lato l’Europa nata dal sogno di Ventotene che oggi è il più grande spazio al mondo di libertà e diritti, dall’altro la piazza dedicata a Bartali, non solo un grande campione ma anche uno dei Giusti tra le Nazioni che con la bicicletta che lo ha reso grande, in quegli anni, trasportò documenti falsi tra Firenze e Assisi e salvò così numerosi ebrei dagli arresti”. La storia di Bartali e di tutti i Giusti è un messaggio di straordinaria potenza e “il testimone più importante da passare alle giovani generazioni, ai nostri figli, alle ragazze e ai ragazzi delle nostre scuole”.
“Ieri – ha concluso Antonio Mazzeo – abbiamo approvato una legge attraverso cui sostenere le iniziative che saranno promosse per la celebrazione dell’80esimo anniversario della Liberazione della gran parte del territorio toscano, e per la commemorazione delle vittime delle stragi nazifasciste. Un’occasione ulteriore per confermare e rafforzare quelli che, da sempre, sono i valori fondanti del nostro paese e della nostra Toscana: giustizia, solidarietà, libertà, dignità. Perché la libertà è come un fiore, che deve essere costantemente annaffiato per crescere”.
Su come celebrare oggi il Giorno della Memoria, Gabriele Nissim, presidente della Fondazione Gariwo, la foresta dei Giusti, organizzazione no profit che svolge la sua attività a livello internazionale, ha detto che occorre concentrarsi su concetti nuovi e, per fare chiarezza, ha messo nero su bianco il significato di alcune parole.
“La shoah è il genocidio universale che si proponeva di eliminare gli ebrei da qualsiasi parte della terra”; e durante la seconda guerra mondiale, con Hitler che si presentò come vittima degli ebrei, “l’antisemitismo divenne più importante della vittoria militare”. Secondo il relatore, questa “costruzione fantastica porta alla distorsione della memoria”, ovvero a dimenticare i reali artefici, e in Italia a non dare il nome ai carnefici e a chi decise le leggi razziali. In tale contesto va inserito il concetto di “genocidio, come distruzione di un genere, con l’intenzionalità di un gruppo politico di annientare un popolo o parte di esso”. Ed eccoci allora a quella parola capace di fare la differenza: “Giusti. I giusti sono coloro che si oppongono al genocidio, all’antisemitismo e all’indifferenza, trasmettendo l’idea di responsabilità del singolo”. In sintesi: “quando si commettono crimini contro l’umanità, una persona è responsabile in qualsiasi situazione”. E tradotto ai giorni nostri: si è responsabili in Ucraina, nel conflitto scatenato da Hamas, nei conflitti mediorientali o in quelli africani. Da qui l’urgenza di una nuova politica della Memoria, che introduca il concetto di responsabilità dell’individuo: “Va insegnato il messaggio etico della responsabilità – ha sottolineato Nissim – educando a riconoscere sul nascere tutti i segni del male, per evitare il male estremo”. E se in ogni circostanza ogni persona può fare la differenza, occorre anche non trasformare la politica in caccia permanente al nemico, occorre “diventare guardiani di fronte a ogni fenomeno di antisemitismo, essere solidali con chi lotta per la libertà, guardare a tutto ciò che accade nel mondo e valorizzare il concetto di Giusti, perché anche il bene può essere contagioso. I giovani devono diventare fan dei giusti – ha concluso, – chi accende la scintilla del bene rompe l’indifferenza”.
E per dare un nuovo senso alla Memoria, oggi, accanto alle parole, i riflettori si sono accesi anche sul luogo, sul Memoriale italiano di Auschwitz dove si è svolta la seduta solenne, luogo tornato fruibile al pubblico e trasformato nel Memoriale delle Deportazioni, come sottolineato dal presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani: “La riapertura di questo nuovo polo culturale della Memoria, di respiro internazionale, avvenuta in occasione di una data emblematica per la storia del nostro paese, martedì 25 luglio, 80esimo anniversario dalla caduta del regime fascista, ci invita a rendere partecipi le giovani generazioni, per trasmettere loro il senso della partecipazione degli italiani, dei nostri toscani, in una regione che conta 200 eccidi e 4500 innocenti uccisi, in una terra che non ha esitato a dare il proprio tributo di sangue alla Resistenza”. E in questo percorso di educazione alla memoria e di impegno costante delle istituzioni, il presidente ha voluto ringraziare Ugo Caffaz, che ideò il Treno della Memoria, e un toscano doc, Gino Bartali, che grazie al suo coraggio e alla canna della bicicletta salvò 800 ebrei. “Quando i giornali pubblicarono questa notizia – ha raccontato Giani – venne fuori tutto il disappunto di Bartali: ‘Il bene quando si fa non si deve dire, bastava lo sapesse solo nostro Signore’”. “Accanto a Bartali, scomparso nel giugno del 2000 a pochi passi da questo luogo, sta proprio bene il Memoriale – ha affermato con forza il presidente. – Su questo strumento essenziale la Regione ha investito 2milioni e 500mila euro, e proprio da questo luogo intendiamo continuare il nostro impegno, a partire dalle viste delle scolaresche e alla ripresa dei viaggi del Treno della Memoria”. “Mi auguro che questo nostro Memoriale sia megafono per diffondere la conoscenza – ha concluso – per trasmettere il senso vero della Memoria”.