La realtà è più sexy della finzione digitale. L’affermazione sarebbe stata ovvia qualche decina d’anni fa. Oggi – dopo anni di evoluzione “ibrida”, fino allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale (AI) – è una considerazione inattesa. Ma suffragata da una ricerca rigorosa: un’immagine sensuale generata dall’AI risulta meno “eccitante” di una fotografia che ritrae persone in carne e ossa.
I risultati di un recente studio, pubblicato sulla rivista Cognition & Emotion e condotto da ricercatori della Scuola IMT Alti Studi Lucca, dell’ISTC-CNR e dalle università di Jyväskylä in Finlandia e Roma Tre, indicano che le persone preferiscono le immagini quando ritenute più reali.
A un campione rappresentativo di persone (femmine e maschi) sono state sottoposte 60 immagini di modelle e modelli in biancheria intima. Ai soggetti veniva chiesto di esprimere quanto trovassero eccitante il modello o la modella (a seconda del genere e dell’orientamento sessuale), nonché quanto ritenessero probabile che l’immagine fosse generata artificialmente. “Quello che i soggetti non sapevano – spiega Marco Marini, (Scuola IMT Alti Studi Lucca e ISTC-CNR) è che le immagini erano tutte fotografie”, quindi nessuna era generata artificialmente. Tuttavia, “I risultati ci permettono di affermare che le immagini ritenute più realistiche sono state anche ritenute più eccitanti”.
Ma chi dice che sia il senso di realtà ad aumentare l’eccitazione emotiva (in questo caso anche erotica) anziché il contrario? “Per verificarlo” spiega Alessandro Ansani (Jyväskylä), “abbiamo effettuato un secondo studio. Stavolta però siamo stati noi sperimentatori a presentare a metà dei soggetti 30 immagini come fotografie e 30 come sintetiche – invertendo le etichette per l’altra metà”. Coerentemente con il primo esperimento, le stesse immagini sono risultate più eccitanti quando erano presentate come fotografie reali, piuttosto che quando erano presentate come sintetiche. “Un fenomeno simile è stato osservato nella psicologia dell’arte,” spiega Alessandro Demichelis (Scuola IMT Alti Studi Lucca), “dove si è osservato che le stesse opere sono apprezzate di meno quando ai soggetti è detto che sono generate da un computer – a prescindere dal fatto che lo siano davvero oppure no”.
Quindi la realtà (o la presunta realtà) è più sexy e persino più interessante artisticamente rispetto alla finzione digitale. Una indicazione inattesa, che potrà essere verificata scomponendo il campione per fasce anagrafiche: giovanissimi e meno giovani reagiscono allo stesso modo?
Marco Viola (Roma Tre) commenta: “Se confermati, i nostri risultati potrebbero avere implicazioni molto rilevanti per la nostra società sempre più digitale. Una su tutte, potrebbe mitigare almeno un poco la piaga dei deepfake pornografici, perché ritenuti meno interessanti delle foto reali”.
“My mistress’ eyes are nothing like the sun; / Coral is far more red than her lips’ red”. Con questi versi inizia il Sonetto 130 di William Shakespeare, pungente satira delle iperboli con cui i poeti della sua epoca descrivevano le loro muse. Nonostante non possieda qualità soprannaturali, il poeta inglese precisa che “And yet, by heaven, I think my love as rare / As any she belied with false compare.”
Oggigiorno, evocare bellezze soprannaturali non è più appannaggio dei soli poeti: grazie alle intelligenze artificiali generative text-to-image come Dall-E, MidJourney o Stable Diffusion chiunque può infatti creare simulacri virtuali di ogni genere (o di nessun genere) dotati di bellezza soprannaturale.
Pur definendo i risultati della ricerca “piuttosto clamorosi”, Fabio Paglieri (ISTC-CNR) richiama alla cautela, in quanto questo sarebbe “il primo studio di questo genere, e prima di poter trarre delle implicazioni per la vita fuori dal laboratorio è bene attendere conferme e replicazioni”. Finora, solo una cosa è certa: ciò che la tecnologia può fare, e l’impatto sulla società, sono qui per restare. La ricerca in questo campo ancora tutto da esplorare è soltanto agli inizi.