“Per quanto si voglia guardare avanti non potremo mai dimenticare quella tragica notte di dieci anni fa. L’isola si sta però lasciando alle spalle il naufragio ed il clamore mediatico di quei mesi e anche il fondale su cui si era appoggiato il relitto sta riprendendo ormai da tempo il suo spazio con la poseidonia che è tornata a popolarlo restituendole la sua bellezza”. Lo dice Sergio Ortelli, sindaco dell’Isola del Giglio (Grosseto), alla vigilia del decennale del naufragio della Costa Concordia che portò alla morte di 32 persone, tra equipaggio e passeggeri della nave da crociera naufragata sulle coste dell’isola il 13 gennaio 2012. “Dieci anni per non dimenticare – spiegano dal comune – ma anche per superare definitivamente quella che è stata la tragedia della Concordia”. Il decennale del naufragio della nave della Costa Crociere diventa un momento di commemorazione e di riflessione che dall’Isola del Giglio si estende a tutto il mondo. Non è un caso che una delle perle del Mediterraneo in questi giorni torna sulla scena internazionale. Leggi anche la testimonianza di Gregorio De Falco.
“Quella del 13 gennaio – afferma il sindaco Sergio Ortelli – sarà per noi una giornata intensa nel ricordo di un evento che ci ha investito all’improvviso, segnando la nostra esistenza, ma allo stesso tempo che ci ha permesso di lanciare un segnale al Mondo, che oltre ad accendere i riflettori su quanto stava accadendo e sul nostro spirito di fratellanza e di accoglienza, ha avuto una prova di come abbiamo saputo affrontare una tragedia come quella che si era abbattuta sul Giglio, rilanciando l’immagine dell’Italia e della sua capacità di superare un momento che non aveva precedenti. Dopo dieci anni l’Isola del Giglio guarda avanti – prosegue il primo cittadino – e questo sarà un momento per farlo tutti insieme, con chi tornerà qui dopo il naufragio e con chi è stato protagonista di quelle prime ore convulse, ma anche dei giorni e mesi successivi fino alla rimozione del relitto”. Ne è nata una giornata di ricordo e di sguardo rivolto al futuro. Il covid limiterà alcuni eventi nel numero di persone presenti, ma non fermerà la ricorrenza. La gran parte degli invitati arriverà sull’Isola attorno alle 12, in tempo per la Santa Messa di suffragio nella Chiesa dei Santi Lorenzo e Mamiliano a Giglio Porto, alla presenza di una sezione della Banda Nazionale dei Vigili del Fuoco. Alle 13 le motovedette messe a disposizione si dirigeranno a Punta Gabbianara dove verrà deposta in mare una corona di fiori fornita dal Comune. Alle 15 all’Hotel La Guardia di Giglio Porto, alla presenza dei soli invitati e nel rispetto delle prescrizioni Covid, verrà presentato il libro ‘La Notte della Concordia’ di Sabrina Grementieri e Mario Pellegrini, nel corso di un evento moderato dal giornalista Guido Fiorini, direttore di MaremmaOggi. Alle 16,30, nello stesso hotel, sempre con i soli invitati, sarà presentata la relazione sul ripristino dei fondali da parte dell’Università la Sapienza che opera all’interno dell’Osservatorio di monitoraggio ‘Concordia’. Alle 21,30 si svolgerà la tradizionale processione con fiaccolata dalla Chiesa di Giglio Porto fino alla lapide commemorativa posta sul Molo di Levante e lì, alle 21,45 e 7 secondi è prevista la ‘tufata’, con il suono delle sirene delle imbarcazioni, seguita dalla preghiera per le vittime e dalla scopertura della lapide ‘preghiera del marinaio’.
Il sindaco
A dieci anni dagli eventi il sindaco, di allora e di oggi, Sergio Ortelli ricorda: “Il momento in cui capimmo che il naufragio si stava trasformando in tragedia ce l’ho chiaro in mente. Fu quando – racconta – sul molo fu portata la prima vittima, poi la seconda, poi la terza”. Il ricordo peggiore, per Ortelli, è quello delle “persone che ci chiedevano di mettere in salvo un figlio, un parente. Quei dispersi, col tempo, divennero vittime. E quella fu la cosa più dura da affrontare”. Per il sindaco del Giglio quella di giovedì “sarà l’ultima cerimonia mediatica, l’ultima con inviti ufficiali: i cittadini dell’isola chiedono di abbassare i riflettori su questa storia, e lo farò. Di fronte a quella tragedia – conclude il sindaco – ci fu una sola nota positiva: la rimozione del relitto, i tempi celeri, i finanziamenti, il ripristino delle condizioni ambientali della costa. Avevamo fatto una pessima figura davanti alla marineria mondiale, è vero, ma abbiamo dato il segnale di come il Paese è stato in grado di riscattarsi”.
“Noi abbiamo avuto giustizia, Viareggio no. La Concordia ha chiuso l’iter processuale. Che non ha certo riportato in vita le vittime, ma ha portato pace ai famigliari, rimborsi e risarcimenti a chi ne aveva diritto, ripristino del danno ambientale. Abbiamo registrato 32 vittime. E il fatto che a 10 anni la giustizia ha concluso il suo corso mi fa quasi sentire in imbarazzo: c’è chi, come i familiari della strage ferroviaria di Viareggio, non hanno ancora avuto giustizia per le loro 32 vittime. La Toscana ha visto troppe catastrofi del genere: dal Giglio, passando per Viareggio, senza dimenticare la Moby Prince a Livorno”.
I soccorritori
A ricordare gli eventi di 10 anni fa è anche Antonio Belardi, ex consigliere comunale del Giglio e tra i soccorritori in porto. “Una telefonata mi avvisò di una nave da crociera finita sugli scogli: pensai ad uno scherzo. Poi mi affacciai dal balcone e vidi quel gigante del mare adagiato davanti la costa. Arrivato in porto – racconta Belardi – trovai il caos. Da una parte del molo facevamo passare i naufraghi bagnati, per portarli in hotel. Dall’altra quelli asciutti, per dirigerli verso la chiesa e la scuola. Ricordo bene la scarsa professionalità di alcuni membri dell’equipaggio della Costa. E non parlo certo di chi lavorava in cucina, ma di gente graduata. Arrivavano con le scialuppe sul molo e poi, abbandonando l’imbarcazione, pensavano solo a mettersi in salvo. Fu disarmante. Scendevano e si dileguavavano. Trovavamo scialuppe – ricorda ancora Belardi – lasciate lì abbandonate. Molti gigliesi salirono a bordo e cominciarono a fare la spola tra il molo e la nave. Ad un certo punto individuai uno di questi marinai, con tanto di gradi. Gli chiesi: ‘ma non la sai guidare una pilotina? Allora che aspetti, portami sotto la nave che andiamo a prendere altre persone. Ma lo hai capito che la gente rischia di morire?’”. In mente ha ancora i primi istanti dei soccorsi: “Sul molo arrivava gente impaurita, infreddolita. Ricordo concittadini che si sono letteralmente sdraiati sui naufraghi, per scaldarli con il loro corpo. C’erano 8 gradi e non c’erano coperte. Pochi avevano capito di essere sbarcati su un’isola: mi chiedevano dove fosse la stazione più vicina, per prendere il treno per Genova o Savona”, conclude Belardi.
Il parroco
Anche don Lorenzo, allora parroco della chiesa dei santi Lorenzo e Mamiliano di Giglio Porto, che si trova a pochi metri dal molo, ha ricordi nitidi di quella notte. “In chiesa ospitammo almeno 450 persone, di più non entravano. Ricordo in particolare un giovane, era completamente bagnato, infreddolito, non parlava con nessuno. Quando me lo fecero notare, lo portai in casa mia per farlo scaldare e dargli vestiti asciutti. Era un giovane membro dell’equipaggio, un ragazzo del Perù che lavorava al casinò della nave. Era shockato, infreddolito, disperato: non diceva una parola”, ricorda don Lorenzo. E ricorda bene la solidarietà dell’isola. “La comunità del Giglio fece tutto quello che fu possibile, quella notte. E forse anche di più. Sull’isola eravamo forse 350 persone, e riuscimmo ad accoglierne 4.200. Non avevamo mezzi per aiutarli. La prima emergenza – conclude don Lorenzo – era metterli al riparo dal freddo. Ma non era facile: furono aperti hotel e case-vacanze, ma a disposizione la gente aveva lenzuola e copriletto per l’estate, non certo coperte e piumoni per l’inverno”.