L’11 febbraio si festeggia in tutto il mondo la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, la ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite per incentivare un accesso paritario delle donne alla scienza, promuovere l’uguaglianza di genere e raggiungere una piena parità di opportunità nella carriera scientifica. Anche molte scienziate dell’Università di Pisa hanno aderito all’iniziativa con l’intento di contrastare il pregiudizio di genere nella scienza all’interno del mondo accademico e della società in generale.
Il Dipartimento di Scienze della Terra ha promosso la realizzazione dell’album di foto “WE Rock – Women in Earth science Rock!“, con immagini delle ricercatrici al lavoro pubblicato sul sito e sui canali social del dipartimento. Inoltre, sei ricercatrici iscritte al gruppo “panGea Geoscienze Senza Frontiere”, che unisce varie ricercatrici in Scienze della Terra in Italia, hanno realizzato brevi interviste-doppie promosse dallo stesso gruppo (intervista Meneghini-Bini, intervista Gariboldi-Re, intervista Rocchi-Raggiunti).
Un gruppo di ricercatrici delle università di Pisa e Firenze hanno dato vita un’associazione di scienziate chiamata 500 Women Scientists, Pisa, distaccamento dell’omonima associazione mondiale no-profit di 500 Women Scientists. La missione dell’associazione è di rendere la scienza aperta, inclusiva e accessibile e di battersi contro razzismo, patriarcato e situazioni di oppressione. Come riportano le coordinatrici dell’associazione Tam Ho e Antonella Pomè (entrambe post-doc all’Università di Firenze) e Miriam Acquafredda (dottoranda all’Università di Pisa): “si sentiva la necessità di creare un posto sicuro in cui parlare di queste cose, una rete di scienziate intelligenti e solidali con cui confrontarsi”. Per maggiori informazioni sulla missione dell’associazione e sui prossimi incontri è possibile consultare la pagina Facebook e Twitter”.
In occasione della Giornata dell’11 febbraio l’associazione ha diffuso un report sugli squilibri e pregiudizi di genere nella scienza, con dati significativi: “Meno del 30% dei ricercatori nel mondo sono donne. La media dell’UE (secondo Eurostat 2017) è leggermente superiore, con il 41%, grazie a cinque Stati membri (Lituania, Bulgaria, Lettonia, Portogallo e Danimarca) che hanno raggiunto un equilibrio di genere del 50% o più nella scienza. Tuttavia, in paesi come Francia, Germania e Italia, che ogni anno ricevono una quota considerevole di finanziamenti per la ricerca da parte dell’UE, solo il 33-35% degli scienziati sono donne. […] I dati dell’UNESCO (2014-2016) mostrano che, in tutto il mondo, solo il 30% delle studentesse dell’istruzione superiore sceglie un campo correlato alle STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). […] Tuttavia, ciò che colpisce è che più le donne scalano la vetta delle posizioni accademiche più si trovano in minoranza. Solo il 24% delle donne occupa posizioni accademiche di alto livello: cosa impedisce alla metà delle scienziate di raggiungere la vetta?
L’associazione lancia un appello: “Lo squilibrio di genere non svanirà soltanto con più ragazze che scelgono materie legate alla scienza e tecnologia e più donne che scelgono programmi di dottorato STEM. È necessaria una maggiore consapevolezza del pregiudizio di genere nella scienza all’interno del mondo accademico e della società in generale. Ma la consapevolezza non basta. Dobbiamo garantire che le donne abbiano le stesse opportunità degli uomini in questa feroce competizione per borse di ricerca e posti accademici. Se le organizzazioni di finanziamento della ricerca vogliono davvero dare agli scienziati donna pari possibilità, allora dovrebbero riempire metà dei loro comitati scientifici e consultivi con donne. Se il settore accademico volesse davvero impedire alle donne di abbandonare la carriera a metà carriera, dovrebbe fornire una migliore assistenza all’infanzia, orari flessibili e aiuti finanziari”.