“Abbiamo già sopportato una chiusura per mesi, abbiamo sostenuto spese per metterci in regola con i dpcm precedenti e i regolamenti della Regione Toscana, non abbiamo ricevuto aiuti se non i 600 euro dati alle partite iva. Quest’estate abbiamo cercato almeno di rifare le spese con i pochi avventori e clienti che abbiamo avuto. Via Faenza e la zona di S. Lorenzo sono famose per le trattorie storiche, i negozi di artigianato portati ancora avanti dai pochi coraggiosi, le strutture ricettive gestite da famiglie di fiorentini, i gelatai, la pelletteria, il mercato, locali per aperitivi”.

Lo scrive il comitato dei commercianti di via Faenza e San Lorenzo a Firenze.

“Questo nuovo dpcm ci costringe a chiudere tutti alle 18 e non solo i ristoratori  i bar e i gelatai. Se non c’è passaggio di chi cerca l’eccellenza gastronomica che ci contraddistingue anche noi artigiani e negozianti siamo costretti a chiudere. Il centro di Firenze è già stato messo a dura prova dal fermo del turismo, in questo modo il governo blocca anche la timida ripresa vista ad agosto e settembre, mettendo di fatto tutti noi a casa. Se fino ad ora abbiamo galleggiato indebitandoci, adesso non ci possiamo permettere le restrizioni del dpcm che di fatto è un lockdown mascherato. Siamo arrabbiati perché per mesi abbiamo suggerito alle istituzioni cosa fare con lettere, telefonate, interazioni su facebook, ma nessuno ha ascoltato la voce di chi produce. Non sono stati in grado in sette mesi di organizzare sanità e trasporti e adesso danno di nuovo la colpa a noi. Inoltre instillano nelle persone la paura di entrare in un negozio, in una bottega, la paura di andare a mangiare fuori o anche semplicemente di prendere un caffè. Anche al Mercato Centrale abbiamo avuto un calo notevole negli acquisti. La gente ha paura e chi non ha paura non ha più soldi. I nostri dipendenti aspettano ancora la cassa integrazione. Hanno parlato di ristoro, dopo il bazooka dei 600 euro abbiamo quasi paura di sentire la parola “ristoro”, e intanto il 30 arrivano le tasse da pagare. “


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