Siamo preoccupati per la diffusione del virus Covid 19 nelle strutture di accoglienza di prima e seconda soglia (emarginazione sociale, utenza in stato di disagio socioeconomico e con problematiche alloggiative) e di accoglienza migranti (Cas, Sprar e Siproimi). Strutture che si adattano con difficoltà alla presa in carico di persone in quarantena, sia dal punto di vista logistico che organizzativo.

Gli ambienti e le modalità di accoglienza dei centri sono nella maggioranza dei casi non adatti a fronteggiare la diffusione di un virus di qualsiasi entità esso sia. E’ impossibile isolare o normare in qualche modo lo scambio fra gli ospiti, si pensi ai centri piccoli dove le camere da letto hanno 2/3 ospiti mentre nei grandi si arriva a 6. I bagni sono uno ad appartamento nei piccoli centri, e nei grossi centri si tratta di bagni a batteria con lavandini, docce e wc negli stessi ambienti. Di solito questi bagni sono uno a piano, ma in uso anche ad ospiti di piani diversi. E’ impossibile una sanificazione accurata e continua degli ambienti. Nei grossi centri è impossibile tracciare gli spostamenti degli ospiti che si muovono da stanza a stanza per frequentare amici, scambiarsi oggetti, eccetera.

Anche gli spazi mensa presentano lo stesso problema, sia dove c’è l’auto-cucina, con gli ospiti liberi di farsi da mangiare, sia dove esiste lo spazio mensa, con servizio di catering esterno; in questo caso il cibo può essere distribuito più in sicurezza, ma nel consumo è difficile che gli ospiti rispettino la distanza, mangiano insieme senza dispositivi.

In tutto questo la cartellonistica multilingue, l’uso di messaggi nei cellulari ad opera di mediatori linguistici, i colloqui one-to-one, la diffusione mediatica anche nei canali in uso dalle loro comunità, il lavoro di prevenzione e informazione fatto dagli operatori dei centri non bastano.

Serve un intervento delle autorità competenti, nello spiegare e far attuare con controlli le prescrizioni previste. Un intervento volto anche a dare indicazioni precise su come isolare le persone in quarantena e, se questo non fosse possibile, su come spostarle in strutture dedicate.

Serve una risposta rapida nell’effettuare test diagnostici (tamponi) e altrettanto rapidamente, in caso di positività, occorre il trasferimento in unità di quarantena appropriate (stanza singola e bagno). Serve poi una sanificazione degli ambienti straordinaria che non può essere lasciata solo agli enti gestori, che affermano di non avere risorse o non ne destinano a sufficienza.

Per tutti questi motivi, crediamo che la situazione debba essere presa in carico nel più breve tempo possibile, attuando un piano di intervento simile a quelle effettuato dal Girot nelle Rsa, che ha evitato conseguenze ben più drammatiche per l’utenza e i lavoratori delle strutture residenziali.


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