Sulle criticità riscontrate nella raccolta di sangue da parte delle associazioni in Toscana si è tenuta questa mattina un’audizione in commissione Sanità, presieduta da Stefano Scaramelli (Iv). Sono stati ascoltati i rappresentanti delle associazioni Anpas, Avis, Fratres e il direttore del Centro regionale sangue Simona Carli.

I rappresentanti di Anpas, Avis e Fratres hanno messo in luce, nei loro interventi, i problemi principali: la modifica della normativa, che ha reso più difficile l’accreditamento; il fatto che cambiano le abitudini dei donatori, sempre meno disponibili durante la settimana e più orientati a donare nel fine settimana e nei festivi; e, soprattutto, la carenza di medici e infermieri. Carenza che, hanno sottolineato, si registra in tutte le strutture, non solo nelle unità di raccolta, e su cui si potrebbe lavorare organizzando brevi corsi per i medici neolaureati. Ancora, segnalati problemi e ritardi nella rendicontazione e nei rimborsi.

Simona Carli ha poi fatto il quadro della situazione attuale in Toscana: sono 210.000 le donazioni di volontari e 139 i medici attivi. Il  95% delle donazioni avviene nei 38 centri trasfusionali della regione, il restante 5% nelle 22 unità di raccolta diffuse sul territorio. Il sistema è “più o meno autosufficiente”, ma la situazione può cambiare con estrema rapidità.

Negli ultimi tempi si è assistito a un calo della raccolta di sangue, ha detto il direttore, ma cala anche il suo uso perché si impiegano meglio le risorse; ad esempio, si seguono e si curano di più i pazienti prima degli interventi programmati, in modo da limitare la necessità di trasfusioni. Non diminuisce invece la richiesta di plasma, che è considerata una donazione di serie B, quando invece il plasma è essenziale per una serie di terapie e farmaci salvavita. La carenza del personale, nel sistema pubblico, ammonta al 30%, ed è dunque strutturale e grave. “Nel sistema pubblico le aziende hanno cercato di rimediare con contratti libero-professionali per la raccolta sangue – ha spiegato Carli – ma le incompatibilità previste variano da Regione a Regione. In Toscana si è particolarmente severi, e su questo sarebbe opportuno intervenire”. Infatti, a differenza che altrove, molte aziende hanno deciso di prevedere incompatibilità non solo nel caso che uno frequenti una scuola di specializzazione, ma anche se si fa attività di guardia medica, con il risultato che pochi alla fine sono disponibili. Sarebbe infine auspicabile l’apertura dei centri di raccolta il pomeriggio, oltre che nei festivi, ma questo richiede ovviamente più personale.

“Interverremo sulle problematiche esposte ad ogni livello – ha commentato Stefano Scaramelli alla fine dell’audizione -. La sfida è cambiare le norme e rendere sostenibile l’esistenza dei centri di raccolta diffusi. Ci attiveremo a livello regionale per eliminare le limitazioni ai giovani medici che decidono di prestar servizio, in modo che possano essere presenti nelle unità di raccolta anche se parallelamente svolgono attività di guardia medica.  Possiamo inoltre agire politicamente a livello nazionale affinché si operi un’armonizzazione della normativa”. Tra le soluzioni prese in esame, inoltre, anche la possibilità di finanziare da parte della Regione scuole di specializzazione in materia, con l’obbligo per i borsisti di prestare servizio per alcuni anni in Toscana.


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