Il Tar della Toscana ha respinto il ricorso contro la delibera regionale sull’utilizzo dei farmaci biosimilari che era stato presentato da alcune case farmaucetiche.

L’atto, approvato dalla giunta nell’aprile scorso, fissava, in sintonia con le indicazioni dell’Aifa (Agenzia del farmaco), un percorso di accesso a questa tipologia di farmaci, garantendo insieme efficacia e qualità delle cure, autonomia del medico e sostenibilità del sistema sanitario regionale.

E proprio questo elemento è stato riconosciuto dalla Magistratura amministrativa, che nella sua sentenza riconosce come “il medico non possa essere del tutto libero nella prescrizione, senza avere condizionamenti di sorta in ordine al costo della terapia, dovendosi invece raggiungere un punto di equilibrio tra la tutela delle prerogative del medico e dei diritti del paziente e le esigenze di ottimizzazione della spesa pubblica sanitaria”.

“Questa sentenza – commenta il presidente Enrico Rossi – è motivo di grande soddisfazione per l’amministrazione regionale. Conferma pienamente la legittimità, anche sul piano giuridico, della scelta politica della Toscana di mettere davanti a tutto gli interessi dei cittadini e del nostro sistema sanitario pubblico e universalistico”.

“Eravamo fiduciosi – aggiunge l’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi – che la delibera avrebbe passato il vaglio del Tar, perché essa risponde alle linee indicate dall’Aifa e garantisce diritti dei pazienti e autonomia professionale dei medici”.

Una delle questioni principali esaminate dal Tar era la previsione dell’atto regionale che nei casi in cui il medico che prescrive il medicinale ritenga opportuno per motivi clinici continuare ad utilizzare il farmaco “originator”, potrà farlo motivando la sua scelta con criteri basati sulla evidenza clinica.

Impostazione che il Tar ha confermato, sottolineando anzi come “l’onere motivazionale rinforzato che si raccomanda al medico, (…) non ne mortifica l’autonomia decisionale e la liberà prescrittiva, ma anzi ne esalta il ruolo e rende evidenti, alla stregua di un principio di trasparenza della decisione medica che è oggetto di un fondamentale diritto dell’individuo ma anche di un interesse collettivo (art. 32 Cost.), le ragioni tecnico-scientifiche della propria scelta in un panorama di risorse pubbliche ormai razionate, per via della crisi finanziaria, anche in un fondamentale settore dello Stato sociale di diritto come quello sanitario”.

La differenza tra farmaci biologici e biosimilari

I farmaci biologici autorizzati per uso clinico (detti anche originator, cioè “farmaci originatori”) hanno caratteristiche diverse dai farmaci tradizionali, in quanto spesso sono molecole molto complesse, sia come struttura che come meccanismo d’azione.

Le aziende farmaceutiche hanno il know-how e le capacità tecniche necessarie per produrre farmaci simili di alta qualità (chiamati “biosimilari”) in grado di garantire l’efficacia e la sicurezza dei prodotti originator.

Ma proprio per la loro complessità tecnica, la normativa di molti Paesi, tra cui l’Italia, non permette la sostituibilità automatica dell’originator, qualora sia presente un biosimilare in commercio.

L’utilizzo di farmaci biosimilari è una grande opportunità per il sistema sanitario nazionale, in quanto il costo decisamente inferiore rispetto al farmaco originator permette di recuperare risorse utili da reinvestire in terapie con un livello di innovatività maggiore.

In Toscana il mercato dei farmaci originator, ma che ora hanno un biosimilare, è stato nel 2017 di circa 110 milioni di euro. I medicinali biosimilari costituiscono un’opportunità, in quanto i risparmi prodotti possono permettere l’accesso a terapie con un più alto grado di innovatività ad un numero maggiore di pazienti. Pur considerando che la scelta di trattamento rimane sempre una decisione clinica affidata al medico prescrittore, a quest’ultimo è anche affidato il compito di contribuire ad una corretta informazione del paziente sull’uso dei biosimilari.

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ultimo aggiornamento: 26-11-2019


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