Dopo il crollo legato al lockdown che nel 2020 aveva fatto registrare per l’export pisano una flessione del 14%, il 2021 si è rivelato l’anno della ripresa con segnali decisamente positivi. Secondo i dati Istat sull’export 2021, diffusi oggi dalla Camera di Commercio di Pisa, la ripartenza delle esportazioni pisane nel 2021, con un +22%, è andata ben oltre quella registrata a livello regionale (+16,8%) e nazionale (+18,2%). Il valore dei prodotti esportati, con quasi 3,3 miliardi di euro raggiunge il livello più alto mai raggiunto negli ultimi trent’anni: circa 600milioni di euro in più rispetto al 2020 e quasi 200milioni in più rispetto al precedente record del 2019. La ripresa, spiega la Camera di Commercio Pisana, è stata generalizzata e trasversale con una netta inversione di tendenza che ha interessato quei settori, pelli-cuoio-calzature, arredamento, moda, meccanica, il cui crollo delle esportazioni nel 2020 aveva maggiormente condizionato il dato generale di allora. Stessa situazione, e dunque dinamica positiva e completamente rovesciata, anche con riferimento ai paesi di destinazione delle merci pisane. Se nel 2020 i principali partner commerciali avevano arretrato sensibilmente, salvo alcune eccezioni, nel 2021 la quasi totalità delle principali destinazioni ha conseguito una netta ripresa. Tra queste, spicca il Regno Unito che nel 2020 aveva fatto registrare un calo di oltre un terzo delle esportazioni a causa del mix pandemia – brexit e che nel 2021, invece, ha prodotto un aumento record.

“I dati molto positivi sull’export 2021 – commenta il commissario straordinario della Camera di Commercio di Pisa, Valter Tamburini – avrebbero legittimato una certa fiducia nell’anno che è appena iniziato. Purtroppo la gravità del clima internazionale che stiamo vivendo a causa della crisi Ucraino-Russa, con le forti ripercussioni economiche, ci ricolloca in un ambito di forte incertezza. Costi energetici in aumento, difficoltà di approvvigionamento di materie prime e il rischio dello stravolgimento di relazioni commerciali si sommano alle ferite già inferte al sistema produttivo da una pandemia non ancora completamente superata”.


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