Partiamo da un dato: l’idroelettrico non è un sistema verde. Se ne sono accorti in molti paesi che hanno fatto marcia indietro. In un dossier  del Cirf (Centro Italiano per la riqualificazione fluviale) datato 2014  dal titolo “L’energia “verde che fa male ai fiumi – Qualità dei corsi d’acqua e produzione idroelettrica in Italia: un conflitto irrisolto” si spiega, con dovizia di particolari, il perché il sistema non possa essere ritenuto un percorso verde.

È doveroso precisare che il Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale è un’associazione tecnico-scientifica senza fini di lucro fondata nel 1999 per alimentare il dibattito sulla riqualificazione degli ecosistemi fluviali e promuovere criteri di maggiore sostenibilità nella gestione dei corsi d’acqua.

Il dossier, tra le tante spiegazioni e domande, ci mette davanti all’interessante quesito: il nuovo idroelettrico: contributo strategico o speculazione? Andreas Baumüller, Responsabile delle Risorse Naturali, Ufficio Politico Europeo, ha dichiarato: “Il continuo finanziamento di nuovi progetti idroelettrici da parte della Commissione Europea e delle istituzioni finanziarie europee è in totale contraddizione con le ambizioni della Strategia Europea per la Biodiversità e con il suo obiettivo di ripristinare il corso naturale di 25.000 km di fiumi. La rimozione degli strumenti di finanziamento e degli incentivi ai nuovi progetti idroelettrici è un passo sempre più urgente per invertire la perdita di biodiversità nell’UE, il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Direttiva Quadro sulle acque e il sostegno all’European Green Deal”.

Colpisce quindi che il “Progetto turbine” ” concepito quando a capo della Provincia di Firenze c’era  Matteo Renzi, con un  primo studio di fattibilità datato 2007, renda orgogliosi i nostri politici alla luce della necessità di un cambiamento davvero “verde”. Come possono  13 turbine su 12 pescaie esistenti nel tratto fiorentino dell’Arno seguendo il corso dell’Arno essere ancora una soluzione ritenuta ideale? 

L’opera dovrebbe portare,  secondo le stime presentate dalla Città Metropolitana, una riduzione di 45 mila tonnellate di CO2 all’anno, pari al 2% delle emissioni dell’intera Regione Toscana, ma anche interventi di riqualificazione lungo le sponde dell’Arno. A questo si prevede un  “flusso di cassa da destinare ad altri progetti per la difesa del suolo”. Nel senso danneggio l’ecosistema ma con i soldi che incasso ci metto delle pezze?

Ma quali sono i rischi di un’operazione  così invasiva? Si capisce facilmente come interventi del genere siamo davvero impattanti per un ecosistema unico sia dal punto di vista naturale che storico. E’ logico anche pensare a quale fine andranno incontro i tanti “manufatti” che hanno segnato la storia del fiume e dei suoi abitanti? La domanda nasce spontanea:  se chi aveva fatto questa scelta sta tornando indietro perché Firenze e il suo territorio vanno avanti? Denaro, accordi, vecchia finanza, vecchia politica… davvero non si può ripensare il processo?

L’Arno ha carattere torrentizio e nei secoli ha dato da mangiare a tante persone. Le traverse o pescaie, sono opere trasversali al corso d’acqua realizzate per produrre forza motrice (a servizio di mulini o opifici) che se ben tenute sarebbero state loro stesse fonte di reddito e di valorizzazione del territorio e della cultura di ieri e di oggi.

Il progetto che deve partire interessa un tratto dell’Arno molto importante, da molti punti di vista. Un tratto dove il fiume si carica di “energia” e la porta verso la città del Ri-nascimento.
La partenza è a monte, dalla pescaia di Incisa, in località Mulino. Poi si prosegue con Ponte Annibale, nel Comune di Reggello, località Bruscheto.  Si passa poi a Rignano a San Clemente, si scende alle Sieci nel Comune di Pontassieve proprio alla  confluenza tra Arno e il torrente Sieci.
Si arriva poi nel comune di Fiesole toccando  la pescaia dell’Ellera, quella di Compiobbi, di Martellina e Cartiera. E infine le pescaie di Firenze: Sant’Andrea a Rovezzano, la pescaia di Nave a Rovezzano fino a quella di San Niccolò. Per non farsi mancare niente, proprio davanti all’unico parco, ormai piccolo e cementificato, delle Cascine è stata individuata la pescaia dell’Isolotto crollata per una ventina di metri proprio oggi (12 febbraio 2021). Non si sottrae neanche il Comune di Lastra a Signa con la pescaia di Porto di Mezzo.

Le antiche pescaie del fiume, nel progetto in partenza dovrebbero diventare fonti alternative di energia con l’intento di risparmiare risorse, di diminuire l’immissione di Co2 nell’aria.  Una riduzione di CO2 prevista grazie alla produzione di 65.147.000 Kwh ogni anno.

Dunque energia pulita ricavata dalle “traverse”, che hanno acquisito nel tempo un ruolo di regimazione delle acque, anche se erano state realizzate prevalentemente a scopo di produzione di forza motrice.

Tutti contenti allora? Non proprio perché oltre al problema iniziale con cui abbiamo aperto l’articolo, cercando di capire qualcosa di più sul quanto in previsione ci siamo imbattuti anche su legittime domande che alcuni cittadini si pongono.  Anche nell’  Allegato “1” alla delibera n. 32

 C.C del 30/09/2019 del Comune di Rignano (Punto n. 3. “Straordinaria manutenzione, ristrutturazione di numero 13 briglie traverse presenti nel demanio fluviale del fiume Arno e realizzazione di numero 12 impianti per la produzione idroelettrica traversa di Rignano. Approvazione con prescrizione del progetto della traversa di Rignano per il rilascio dell’autorizzazione unica.” rileviamo alcune perplessità:

“Quelle che sono state le verifiche richieste, oltre a quelle già effettuate e allegate nella relazione tecnica discussa in commissione, è non solo richiedere l’integrazione alla valutazione previsionale di impatto acustico sul rumore ma anche quella sulle vibrazioni. Per quanto riguarda l’elettromagnetismo in un primo studio risultava per quanto riguarda il vano tecnico, quindi l’attuale immobile, perché poi di fatto la centrale idroelettrica sarà una nuova costruzione, una parziale schermatura dal punto di vista dell’elettromagnetismo.
Quello che questa amministrazione ha voluto mettere in chiaro è che considerata la zona, è vero che tale struttura era destinata alla centrale idroelettrica ma si tratta comunque di un contesto urbano ed abitativo, e quindi non possiamo andare a scapito della situazione e pertanto nelle nostre misure abbiamo chiesto che sia prevista una totale schermatura in maniera altamente protettivo.”
La lettura di tutto il documento di discussione si rivela in alcuni tratti interessante sotto molti aspetti…

Il progetto turbine in Arno inizialmente  però si bloccò fino a quando, era il 2015; il Consiglio di Stato rigettò il ricorso di primo grado presentato dalla società Toto sul project financing delle briglie sull’Arno dando ragione alla Città metropolitana.

“Saremo una delle prime città a realizzare un intervento del genere –  disse il Sindaco Metropolitano Dario Nardella in occasione della sentenza –   grazie a una partnership pubblico-privata che permetterà di sostenere il costo dell’opera e concretizzare un progetto di risparmio energetico utilizzando fonti alternative” ripetendo ciò che l’allora presidente della Provincia di Firenze Matteo Renzi  aveva detto nel 2008:

 “La Provincia di Firenze è tra le prime amministrazioni in Italia a mettere in pratica un progetto di questo genere. Finalmente pubblico e privato possono lavorare insieme per realizzare qualcosa di concreto sul capitolo del risparmio energetico e delle energie alternative”.

Il progetto ‘Briglie sull’Arno’  è nato dall’ architetto e urbanista fiorentino  Luigi Ulivieri che ha pensato ad un progetto innovativo unico in Europa insieme ad altre cose come si legge in questa pagina datata 2011  della provincia di Firenze.

L’Oggi. Le “nuove pescaie” avranno un impatto forte sull’Arno e in molti si domandano cosa accadrà mentre altri esultano nella prospettiva di produzione di “energia pulita”. Ma i primi sono sempre di più. Il 21 marzo 2021,  in occasione della giornata mondiale dell’Acqua,  ci sarà una passeggiata condivisa per far emergere anche questo problema.

In molti infatti si battono per l’Arno come l’Associazione ecologista fiorentina Idra. Ma l’opera è ritenuta di “utilità pubblica” e quindi trasparente. Ma è così? In realtà pare che siano parti che ai cittadini non è dato conoscere. Nel caso specifico delle Gualchiere di Remole, per esempio, ci sono parti “protette” e l’accesso in toto agli Atti Progettuali del progetto definitivo autorizzato non è possibile in quanto “oggetto di privativa industriale. Ma un opera pubblica non devovrebbe essere trasparente per i cittadini?

Ora che abbiamo anche il Ministero della Transizione Ecologica” chissà cosa verrà fuori. La parola agli esperti.


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