Sembrava fatta, ma è saltato tutto. Questo quanto emerso oggi sulle sorti dell’Hotel Villa La Vedetta (Firenze) e dei suoi 15 lavoratori. La proprietà (Selva Srl) ha infatti comunicato la sua indisponibilità a proseguire la sua partecipazione al tavolo di crisi della Città Metropolitana di Firenze che domani avrebbe dovuto riunirsi per la settima volta. Tutto è andato in fumo per la mancanza di capacità e di volontà da parte della stessa proprietà (e del precedente gestore, Immofin) di uscire dal proprio “particulare”. Certo, in ballo ci sono pretese reciproche importanti (centinaia di migliaia, se non milioni di euro) a cui – evidentemente – non si è inteso rinunciare.

Ma su quella che in questi mesi ė assurta alla cronaca come una vera e propria vertenza simbolo del turismo in città, ci si attendeva qualcosa di più, che insomma si volasse un po’ più in alto. Sarà così il giudice, magari fra qualche anno, vista la lentezza della magistratura civile, a stabilire chi tra i due litiganti ha fondata ragione giuridica. Nel frattempo però ciò che è parsa un’opportunità forse irripetibile di questi tempi, quella cioè costituita da Soges, pronta a rilevare l’attività di gestione e a mantenere i livelli occupazionali garantendo importanti condizioni sia ad Immofin che a Selva, è svanita nel nulla. Se questo è il triste epilogo, noi comunque non ci rassegniamo ed intendiamo farlo nel nome dei 15 lavoratori e dell’interesse generale, ripartendo da una considerazione che ė anche una sfida. In questi mesi di impegno al tavolo di crisi ci siamo trovati di fronte ad un sistema in cui la rendita ha alla fine mostrato il suo vero volto, estrattivo e parassitario, pressoché indifferente al tessuto economico e sociale in cui insiste e che peraltro contribuisce in modo determinante ad attribuirne il valore. Se tutto ciò suona per noi come una amara conferma di quello che in questi anni abbiamo continuamente denunciato sul tema, per le istituzioni e per la politica tutta deve suonare, crediamo, come una sorta di ultima chiamata.

La crisi che stiamo tutti noi attraversando, la più grave dal dopoguerra ad oggi, pretende infatti qualcosa di più del governo dell’esistente.  Qui si tratta di avere una visione, di elaborare idee, anche radicalmente nuove, di metterle urgentemente in atto con le risorse che saranno disponibili in vista di uno sviluppo finalmente sostenibile.  Se questa è la sfida, è senz’altro il lavoro in un’ottica non corporativa ma generale il tema su cui da tempo siamo pronti a dare un nostro piccolo ma crediamo significativo contributo. Lavoro per lo più povero, sottopagato, precario, in appalto, a cottimo; lavoro su cui in queste ore si sta abbattendo la crisi e che pretende invece rispetto e dignità.