E’ stato inaugurato oggi, 24 marzo, nell’atrio di Palazzo Gambacorti il plastico che rappresenta la Terzana di Pisa nei secoli XIII-XV realizzato da Franco Gizdulich per la mostra “Pisa e il Mediterraneo”, che si è tenuta a Pisa nel 2003, e recentemente restaurato dall’architetto Roberto Masini, grazie al contributo di Comune di Pisa e Fondazione Pisa. La legenda che descrive il plastico è stata redatta dal professor Fabio Redi e realizzata da Antonio Pucciarelli. All’inaugurazione erano presenti l’assessore alle tradizioni storiche Filippo BediniRoberto MasiniMonica Baldassari della Fondazione Pisa, Gabriella Garzella, professoressa dall’Università di Pisa, e Francesco Capecchi, esperto di storia e tradizioni cittadine e membro del Consiglio degli Anziani del Gioco del Ponte.

Il plastico, interamente in legno di varie essenze, fu realizzato nel 2003 a Firenze dal maestro arch. Franco Gizdulich e costituiva, insieme al plastico urbanistico della città di Pisa, una parte importante della mostra “Pisa e il Mediterraneo”. L’opera rappresenta l’area della Terzana di Pisa, dove dal 1200 in poi e per tutto il periodo di massimo splendore della marineria pisana, si trovavano gli arsenali navali repubblicani con diverse decine di portici per il rimessaggio delle galee. Rinvenuto fortuitamente nel 2018 dopo che se ne erano perse le tracce, il plastico è stato prima portato nei magazzini di Ospedaletto e poi restaurato.

«Sono veramente orgoglioso e soddisfatto di aver portato in fondo un progetto che solo 3 anni fa sembrava impossibile – ha dichiarato l’assessore alla tradizioni storiche Filippo Bedini. Conoscevo i due meravigliosi plastici realizzati dall’architetto Gizdulich per la mostra Pisa e il Mediterraneo del 2003, ideata dal compianto Marco Tangheroni. Franco Gizdulich, che rappresenta un’eccellenza italiana come geniale modellista dell’architettura, ha realizzato non solo il plastico che rappresenta gli Arsenali repubblicani di Pisa all’inizio del 1300, ma anche quello di Pisa medievale. Li conoscevo, ma ne avevo perso le “tracce”. Il giorno dopo il mio insediamento sono andato al magazzino delle Tradizioni storiche di Ospedaletto per rendermi conto dello stato di conservazione del patrimonio della direzione: è qui che ho trovato, semidistrutti, rovinati da incuria e addirittura roditori, e buttati in un angolo e saccheggiati, i due plastici, destinati a un ulteriore deterioramento, se non addirittura a essere gettati via. Quello che presentiamo oggi era quello che versava nelle condizioni peggiori. Immediatamente abbiamo iniziato a capire come potessimo restituire vita a questi autentici capolavori. L’aiuto decisivo è venuto dalla Fondazione Pisa, che ha fin da subito dimostrato grande sensibilità e attenzione per il nostro progetto, e alla quale va il ringraziamento mio e di tutta l’Amministrazione».

«Sono molte le persone da ringraziare in quest’occasione – ha proseguito Bedini – dal già citato professor Tangheroni, a Gino Nunes allora presidente della Provincia, che organizzò l’evento, al dottor Bracci Torsi. Un mio grazie particolare per il sostegno e l’incoraggiamento in questo percorso non facile va anche alla professoressa Garzella e a Francesco Capecchi, che fin dai tempi in cui insieme sedevamo in Consiglio comunale aveva a cuore il recupero dei plastici di Gizdulich. L’immagine che viene evocata dal plastico è quella di una Pisa meravigliosa, all’avanguardia e che sicuramente viveva in quei secoli il momento di massimo splendore della sua storia. E l’auspicio è che questo plastico, e presto anche quello di Pisa medievale, possano offrire a pisani e turisti, ma soprattutto ai giovani studenti, un’occasione di approfondimento culturale e storico sul passato della nostra città e sulla sua gloriosa tradizione di Repubblica marinara».

Gli Arsenali Repubblicani. La costruzione degli Arsenali repubblicani risale ai primi del Duecento. Furono collocati strategicamente nella zona occidentale della città, lungo il fiume, nella parte più prossima al mare. La darsena, molto ampia, era collegata all’Arno grazie ad un canale da cui le galee potevano entrare e uscire. Tutta la zona fu protetta gradualmente da fortificazioni. La gestione dell’arsenale era affidata ad una speciale istituzione comunale, detta Opera della Terzana. I suoi statuti, che si sono conservati fino ad oggi, consentono di conoscere nel dettaglio i regolamenti di questo ente e il funzionamento dell’arsenale stesso. Le officine erano utilizzate non solo per la costruzione di nuove galee, ma anche, anzi forse soprattutto, per la riparazione di galee già in servizio. Sebbene non così grande come l’arzanà di Venezia, l’arsenale pisano era senza dubbio un complesso di dimensioni notevoli. Vi lavoravano artigiani specializzati nella costruzione di scafi, di alberi, di timoni, di castelli, remi, scalmi e di tutte le parti in legno, altri specializzati nel reparto vele, altri ancora nel reparto sartìe, senza contare i fabbri incaricati della realizzazione di ancore, rostri e di tutte le parti in metallo. Vi erano, infine, gli “impeciatori”: coloro che dovevano rendere impermeabili le assi dello scafo utilizzando i vari tipi di pece e di resine naturali. Gli arsenali medievali rappresentano insomma un esempio di fabbrica pre-industriale dove artigiani altamente specializzati trovavano impiego in un ben organizzato sistema di divisione del lavoro.