Nella rete illecita sarebbero caduti, per 1.000 euro al mese, operai, casalinghe, commesse e disoccupati in difficoltà economica. Avrebbero utilizzato i social come vetrina digitale per migliaia di prodotti contraffatti. Così è scattata la denuncia per 67 persone, tutte italiane, tra cui 24 livornesi.

È l’operazione ‘Fake Shop’, avviata la scorsa estate dalle Fiamme Gialle di Livorno e diretta dalla Procura della Repubblica labronica. Le 67 perquisizioni domiciliari hanno permesso di rinvenire e sequestrare oltre 10.000 articoli recanti brand contraffatti, tra cui borse Louis Vuitton, Gucci e Chanel, corredati di certificati di garanzia e autenticità, anch’essi imitazioni. Sequestrata inoltre una stampante a sublimazione e una pressa a caldo per imprimere i loghi su prodotti e tessuti. In particolare, i 24 livornesi, identificati dopo il monitoraggio di alcune pagine web, si sarebbero occupati della promozione e della vendita, rigorosamente a mezzo social, dei prodotti contraffatti per migliaia di acquirenti.

Tuttavia, le Fiamme Gialle del gruppo di Livorno hanno ripercorso a monte la filiera del falso, individuando altri 43 soggetti coinvolti, poi indagati, di cui 33 residenti in Campania, 2 in Puglia e 8 tra Lazio e Lombardia che si sarebbero occupati della produzione e dell’approvvigionamento della merce illecita. Tra i denunciati sono stati identificati operai, casalinghe, commesse e disoccupati che, in tempi di pandemia, avrebbero intrapreso il business illegale della vendita di merci false tra cui scarpe, borse, capi di abbigliamento e accessori, a mezzo social, con la possibilità di garantirsi, grazie alle operazioni di e-commerce realizzate, introiti e profitti accreditati con ricariche su carte prepagate. L’illecito volume d’affari realizzato è stato calcolato in oltre 800 mila euro complessivi (per effetto dei circa 1.000 euro mensili da ciascuno guadagnati). La merce, prodotta in prevalenza in Campania ma anche in Turchia, come accertato dopo l’analisi dei cellulari e dei pc sequestrati agli indagati, è risultata tutta di ottima fattura e con packaging serigrafato, tanto da generare, in taluni incauti acquirenti, la convinzione di comprare prodotti originali, attesi i non proprio irrisori prezzi di cessione, pari mediamente a un terzo del prezzo ufficiale di mercato. I 67 soggetti coinvolti dovranno ora rispondere, in base agli esiti preliminari delle indagini, dei reati di produzione, importazione e commercio di prodotti contraffatti e di ricettazione. L’operazione, tutt’ora in corso, si inserisce in un più ampio dispositivo predisposto dal comando provinciale per la lotta al mercato del falso e all’illecita vendita di merci contraffatte, dannosa per la salute pubblica e per l’economia, a maggior ragione nell’attuale, delicato contesto pandemico.