Dai laboratori del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa arriva la scoperta di un nuovo procedimento per sintetizzare filtri ottici partendo da un polimero trasparente su cui vengono scritte con una stampante a getto di inchiostro opportunamente modificata nanoparticelle di metallo nobile (oro o argento). Il procedimento, che di solito si misurava in giorni, in questo caso richiede circa un minuto, costa pochi centesimi e permette di ottenere risultati mai ottenuti prima.

La scoperta arriva dal team guidato dal professor Giuseppe Barillaro, docente di elettronica, e formato dai dottorandi Martina Corsi e Alessandro Paghi, ed è stata pubblicata sulla rivista “Advanced Optical Materials”. Lo studio si basa sull’uso di ioni fluoro durante il processo di sintesi delle nanoparticelle sul supporto polimerico, in questo caso silicone, scelto per la sua versatilità e per il costo competitivo. La distribuzione e la densità delle particelle, che per la prima volta può essere variata in tempo reale, conferisce al prodotto risultante le sue proprietà ottiche. Fino ad ora non era stato possibile farlo a causa della lentezza del procedimento di sintesi standard.

“Il polimero siliconico – spiega il professor Barillaro – si trova quindi ad avere nuove proprietà se “decorato” con argento, oro, o con una combinazione di entrambi, e può essere usato per la produzione di filtri ottici (ma non solo) non basati sui principi dell’ottica standard, dove le proprietà della lente dipendono dalla sua curvatura e dall’angolo di incidenza della luce, ma sul fenomeno della risonanza plasmonica. Invece, le proprietà dei filtri così ottenuti derivano dalla densità e dalla distribuzione delle nanoparticelle sul polimero”.

La procedura velocizza la produzione di filtri ottici plasmonici su materiale flessibile di un fattore 100, e migliora le loro proprietà di filtraggio rispetto alla procedura standard di un fattore 1000. La lente è deformabile e resistente, e può essere attaccata alla camera di un cellulare per ottenere prestazioni comparabili a quelle di un microscopio da 30.000 euro.

Date l’economicità e la velocità della procedura, è possibile realizzare in poco tempo filtri con proprietà ottiche diverse, a seconda delle applicazioni necessarie: analisi di batteri su acqua, cibo e ferite, o analisi dei materiali sfruttato la possibilità di fare microscopia  a fluorescenza con uno smartphone equipaggiato con la lente. Una stessa lente può avere anche diversi livelli di ingrandimento: immergendola in alcool, infatti, il substrato polimerico si espande, e quindi conferisce alla lente maggiori capacità di ingrandimento.

Dato il basso costo e la facilità di manutenzione, questa può essere una tecnologia chiave per paesi in cui non è possibile eseguire in tempi rapidi analisi da laboratorio che richiederebbero un microscopio costoso. Con uno smartphone e la lente, invece, potenzialmente si potrebbe dotare ogni ospedale o presidio sanitario o scuola o altre strutture presenti sul territorio della capacità di eseguire analisi su acqua e cibo, contribuendo così a combattere diverse malattie, come ad esempio il colera, devastante in molti territori di Asia, Africa e Sud America.