In questo anno di pandemia da Covid-19 le RSA, strutture residenziali per anziani non autosufficienti, sono state sotto i riflettori a livello internazionale e nazionale, per la rapida diffusione del virus tra i soggetti più fragili.

Molti sono i tavoli aperti di discussione sulla possibilità di rivedere questo modello assistenziale, che in Toscana si prende carico in media ogni anno di oltre 11.500 anziani, che rappresentano circa il 4% della popolazione che ha oltre 85 anni (dato di giugno 2021). Ma qual è la fotografia del 2020 per le RSA? Come si sono riorganizzate Sono riuscite a mantenere gli standard di qualità anche in questo anno così complesso e complicato e allo stesso tempo hanno dimostrato di essere “resilienti”? Questi temi sono stati al centro di un webinar regionale, nel pomeriggio di mercoledì 10 novembre, a cui hanno partecipato rappresentanti di tutte le RSA della Toscana, per discutere i risultati di due percorsi di ricerca ormai consolidati sul tema della qualità in RSA, coordinati dal Laboratorio MeS Management e Sanità dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. All’incontro hanno partecipato anche l’assessore regionale al sociale Serena Spinelli, la dirigente regionale del settore Barbara Trambusti e la rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna Sabina Nuti.

L’IMPATTO DEL COVID-19 SU ASSISTITI E OPERATORI

  Su 287 RSA che hanno preso parte alla rilevazione, nel 2020 il 45% di strutture ha avuto almeno un caso positivo tra gli assistiti e gli operatori, mentre il 35% non ha avuto casi. Il 17% di RSA ha avuto casi positivi solo tra gli operatori. Queste RSA, pur essendo entrate in contatto con il virus, sono comunque riuscite ad arginarlo. Circa il 20% degli ospiti transitati è risultato positivo al virus (si parla di transitati considerando quindi anche gli spostamenti tra strutture) e circa 15 operatori ogni 100 posti letto sono risultati positivi. Percentuali entrambe piuttosto basse se si considerano i dati a livello nazionale e internazionale.

L’IMPEGNO PER LA VACCINAZIONE CONTRO IL COVID-19 E LE “STANZE DEGLI ABBRACCI”

  L’impegno per la vaccinazione dei residenti ha avuto un grande impatto: a giugno 2021 circa il 90% dei residenti ha avuto la seconda dose di vaccino e solo lo 0,3% dei residenti è risultato positivo al Covid-19. In termini di riorganizzazione e resilienza, le quasi totalità delle RSA ha nominato un responsabile Covid-19, un piano per la gestione dei positivi, nonché procedure in linea con le indicazioni regionali e nazionali. Meno diffusa risulta invece l’informatizzazione dei dati sanitari e la gestione dei casi postivi tramite diari web-based, su cui hanno investito la metà delle RSA regionali. Se da una parte le RSA sono stati chiuse ai familiari e alla socialità, dall’altra circa il 90% delle strutture ha messo a disposizione lavagne multimediali e l’80% si è adoperata per aprire le stanze degli abbracci, in cui in sicurezza i residenti hanno potuto incontrare familiari e amici.

LA QUALITA’ ASSISTENZIALE

  In termini di qualità assistenziale, i risultati del 2020 confermano una buona tenuta del sistema delle RSA, considerando le 90 RSA aderenti al percorso di ricerca sulla valutazione della performance. A livello medio regionale, infatti, non ci sono indicatori che presentano performance critiche. La gestione delle infezioni e delle cadute da pressione sono indicatori fondamentali per la qualità in RSA, nonché misure connesse in maniera indiretta con la gestione della pandemia. Questi indicatori sono nettamente migliorati tra il 2019 e il 2020: il tasso di infezioni ogni 100 assistiti è passato dal 17% del 2019 al 14,6% del 2020, mentre le cadute con esito grave (accesso al pronto soccorso, ricovero o decesso) sono passate da 10,2% a 7% cadute ogni 100 assistiti.

LA COPERTURA VACCINALE ANTINFLUENZALE E I DATI SUL PERSONALE

  Fondamentali ancora gli indicatori sulla copertura vaccinale antiinfluenzale, sia tra i residenti, con una copertura oltre l’80%, sia tra gli operatori, che hanno una copertura di oltre il 30%, ancora a livelli non ottimali, ma che è comunque raddoppiata dallo scorso 14% del 2019. Stabile risulta la diffusione delle ulcere in uno stadio tra 2 e 4, che rimane intorno all’11% degli assistiti presenti. Più critici sono gli indicatori che monitorano il personale delle strutture, risultati che sono certamente dovuti all’impatto del virus. Il tasso di turn over del personale è infatti aumentato rispetto al 2019: per gli addetti all’assistenza alla persona si passa dal 10,7 di uscite di personale su 100 addetti presenti al 17,2; mentre gli addetti all’assistenza infermieristica e alla riabilitazione si passa dal 21,8 di uscite ogni 100 addetti al 32,1.

LE VIDEOINTERVISTE TRA SENSO DI PROTEZIONE E PAURA DEL CONTAGIO PER I PROPRI CARI

  Il gruppo del Laboratorio MeS Management e Sanità dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna infine ha implementato una nuova metodologia di ricerca, per raccogliere anche la voce dei residenti sul vissuto durante la crisi, sperimentando le videointerviste individuali con alcuni residenti di 5 prime RSA.

  Le videointerviste si sono rivelate uno strumento utile e gli anziani si sono trovati a proprio agio a rispondere alle domande poste dalle ricercatrici e dai ricercatori, segno di una sempre più confidenza con la strumentazione informatica. Dalle interviste, che si sono concentrate sul vissuto durante i periodi più critici della pandemia, è emerso un grande senso di sicurezza e protezione nel vissuto quotidiano, grazie e nonostante alle restrizioni implementate. La socialità, sia all’interno della struttura sia verso l’esterno, è sicuramente mancata, ma tale sensazione è stata sempre accettata, ben comprendendo le necessità imposte. Come sottolinea, testualmente, una persona di 78 anni: “Senta, noi non si è vissuto male…si è vissuto un po’ male perché eravamo abituati ad andare fuori, ad andare al bar, a prendere un caffè. Ritrovarsi così…ma è stato un bene, non ci siamo mossi e qui non c’è entrato nulla”. In contesti di fragilità e in momenti complicati come quelli della pandemia, ha sempre fatto la differenza la relazione con il personale delle strutture, che in ogni momento si è mostrato disponibile e di supporto, non soltanto assistenziale, ma anche emotivo, come sottolinea un altro residente intervistato, con queste testuali parole “Sono riconoscente verso tutti quelli che mi hanno dato una mano. Quello sì, sia all’ospedale che alla struttura, io non lo so, mi coccolavano anche perché mi vedevano giù di morale e depressa. Ecco sono stati bravi, sono riconoscente”.

  E’ stata la paura del contagio, non solo per se stessi, ma soprattutto per i propri cari il sentimento che più hanno riportato gli intervistati “Quando avevo paura che morisse qualche mio parente, qualche mio nipote… Quello è stato difficile, stavo sempre in pena”.

IL COMMENTO DELLA RESPONSABILE SCIENTIFICA DEL PROGETTO, SARA BARSANTI: “TOSCANA MODELLO DI RIFERIMENTO ANCHE PER ALTRE REGIONI, LA CONFERMA DAI DATI”

  Secondo la responsabile scientifica del progetto, Sara Barsanti della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa “più di ogni altro anno, l’incontro di mercoledì 10 novembre ha rappresentato un momento fondamentale non solo per capire i risultati di queste strutture in un periodo di crisi come quello della pandemia, ma anche per rilanciare questo modello di presa in carico, troppo spesso stigmatizzato dai media. Come dimostrano i buoni risultati in termini di qualità, il modello della regione Toscana ha retto l’urto della pandemia e si dimostra un modello di riferimento anche per le altre regioni”.