Non possiamo ritenerci minimamente soddisfatti di avere 7 rettrici donne in Italia su 87 istituzioni universitarie, possiamo solo vivere questo dato come una speranza di una progressiva inversione di tendenza. Meno di un posto su dieci è occupato oggi da competenze e curriculum femminili. Il numero di studentesse dentro le classi degli atenei è simile a quello degli studenti, così come tra i dottorandi. Tuttavia i numeri calano con le docenti ordinarie (il 25%) e crollano drasticamente con le rettrici. E’ chiaro che c’è un divario ancora allarmante, certificato dai numeri. Ai vertici continuiamo ad assistere a un gender gap di cui il Paese è vittima e non riesce a distanziarsi. La parità di genere deve però diventare caratteristica performante delle università italiane. Diventare un punto di riferimento e di stimolo che tracci la rotta anche nel mondo lavorativo. Non possiamo pensare di rivoluzionare i settori delle imprese private se non poniamo le giuste equità professionali nel campo della formazione”. Così Antonella Giachetti, fiorentina e presidente nazionale di Aidda, Associazione delle donne imprenditrici e dirigenti d’azienda.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha posto il paese davanti all’opportunità di una effettiva trasformazione. Non solo grazie a una disponibilità di fondi eccezionale, ma anche perché mette il mondo della politica di fronte alla responsabilità di assumere decisioni e fare scelte con prospettive di lungo termine, che tengano presente le grandi sfide del nostro tempo: ambiente, salute e disuguaglianze. Una parte di risorse sarà destinata fortunatamente anche alla parità di genere. Ma affinché non siano solo misure di limitata efficacia, ma radicate e trasformiste, è necessario immaginare che le risorse vengano indirizzate alla realizzazione della parità di genere nel mondo scolastico e in particolare in quello universitario, il vero ponte tra formazione e lavoro. Qui – conclude Giachetti – si forma prima di tutto il valore culturale di una necessaria equa presenza delle diversità di genere per un mondo migliore e la creazione di fiducia nelle giovani donne a spingersi nel fare carriera, ad essere ambiziose, ad investire nell’imprenditoria. E’ necessario trovare soluzioni che riducano il profondo divario che sta caratterizzando ancora dopo tanti anni la nostra università”.–