“La sicurezza viene prima di tutto. Proteggere i lavoratori dal contagio è la base della nostra azione. Per questo, attuando il protocollo firmato sabato scorso da Governo e parti sociali, abbiamo costituito in tutte le aziende dove sono presenti nostri delegati, i comitati per l’applicazione e la verifica del rispetto delle regole di sicurezza. Bene hanno fatto le organizzazioni sindacali confederali territoriali a chiedere un incontro al Prefetto e al Sindaco della Città Metropolitana. Noi chiediamo che lo screening di massa annunciato dal Presidente della Regione Rossi copra prioritariamente non solo medici e infermieri, ma tutto il personale coinvolto nei servizi utili essenziali operante nei presidi sanitari.
Il decreto #CuraItalia finalmente ci consegna strumenti utili per la tutela dei lavoratori che vivono queste settimane con apprensione e ci dà la possibilità di ricorrere ad ammortizzatori specifici per questa situazione. Tra l’altro abbiamo già richiesto anche per la Bekaert di Figline Valdarno che sia sospesa l’attuale cassa integrazione straordinaria per attivare la cassa ordinaria per “covid-19” e consentire così di recuperare le 9 settimane di stallo nella trattativa per la reindustrializzazione.
Riguardo alle ditte artigiane di piccole dimensioni, siamo stati travolti da richieste di attivazione di FSBA, il Fondo di Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato che interviene con prestazioni integrative, in caso di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro. Anche nella piccola e media industria stiamo firmando accordi di Cassa Integrazione Ordinaria. Nella quasi totalità delle imprese dove non è eletta la RSU, abbiamo notato che è mancata la corretta informazione da azienda a lavoratori su Covid-19 e sulle misure da adottare. L’impressione è che le associazioni di categoria non abbiano adeguatamente informato le aziende sul protocollo del 14 marzo. Le aziende più piccole in genere dimostrano ancora poca attenzione al problema e alle relative misure di messa in sicurezza.
La grandi aziende del settore informatico hanno attivato in molti casi lo smart working, è il caso ad esempio di Almaviva e Dedalus. In altre realtà invece, per contenere gli accessi alle sedi, si consente il lavoro da remoto per tutte le figure professionali con mansioni compatibili a tale modalità di lavoro, come previsto ad esempio nell’accordo siglato al Nuovo Pignone dove si disciplina anche il lavoro per il personale di produzione, riorganizzandolo secondo le esigenze di salute e sicurezza.
Come Fiom, in attesa del recente decreto, abbiamo cercato l’equilibro tra la volontà dei lavoratori di fermarsi e la necessità di salvaguardarne il reddito.
Nella maggior parte dei casi si è giunti così a rallentare e riorganizzare il lavoro, ottemperando alle misure di prevenzione. Abbiamo chiesto e ottenuto che tra le postazioni di lavoro vi sia almeno un metro di distanza, ove questo non era possibile si è previsto l’uso obbligatorio di tutti i DPI (mascherine, guanti, disinfettanti).
Altri accorgimenti fondamentali sono lo scaglionamento/flessibilità degli orari di ingresso e di uscita, nonché della mensa, per non creare assembramenti nei luoghi comuni come gli spogliatoi e l’introduzione di turnazioni per diminuire il numero dei lavoratori presenti contemporaneamente, il ricorso alla Cassa Integrazione con rotazione per lavorare alternandosi settimanalmente o la riduzione dell’orario di lavoro per consentire sanificazioni giornaliere.
Il blocco delle trasferte è stato da subito operativo e, in più di un’azienda, si è aggiunto al divieto di acceso al personale esterno.
Ricordiamo infine che anche tra i metalmeccanici ci sono addetti che operano per gli ospedali, sia da remoto che in presenza. E’ questo il caso di aziende di manutenzione impianti come la Siram o Engie che gravitano su Careggi, di aziende informatiche che realizzano e forniscono assistenza software o realtà biomedicali che producono macchinari per esami DNA, utili allo studio del Coronavirus, come nel caso della BioMèrieux di Bagno a Ripoli

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ultimo aggiornamento: 19-03-2020