Chi paragona le imprese e i lavoratori a dei rapinatori che di nascosto a tutto e a tutti salirebbero sui monti a depredare il marmo dice una bugia gravemente diffamatoria per chi lavora e fa impresa. Perché ogni lavoro in cava deve essere debitamente autorizzato da decine di autorità indipendenti. La stessa procedura per il rilascio dell’autorizzazione alla lavorazione è assai complessa e richiede oltre 1 anno per l’approvazione finale a cui partecipano vari enti come Comune, Regione, Provincia, Arpat e Asl. Inoltre il Piano di Coltivazione è costantemente monitorato e controllato da parte di tutti gli enti in questione. Non esiste un settore controllato come il lapideo e non passa giorno che una cava non abbia una ispezione. Tra l’altro a oggi quasi il 90% delle aziende ha certificazioni ambientali, il 40% ha anche la certificazione ISO14001, il 34,8% l’OHSAS 18001 e il 21,7% l’attestazione Emas.
Senza dimenticare che le cave rappresentano meno del 2% del totale della superficie delle Alpi Apuane, si escava su soli 20 km² (chilometri quadrati) in una area, quella delle Alpi Apuane, che ha un’estensione di 2.000 km². Inoltre è un dato storico inconfutabile che si escava il 25-30 per cento in meno rispetto a 25-30 anni fa. E si escava meglio e con più razionalità rispetto a 50 anni fa e soprattutto si escava meno e molto meglio rispetto al secolo XIX quando si usava la polvere nera e l’80% del materiale andava perso. Se poi si volesse provare a guardare a Carrara come parte dell’Italia e dell’Europa allora ci si accorgerebbe che in Italia ogni anno tra pietre, calcari, sabbie e argille, si escavano 90 milioni di tonnellate, di cui i prodotti delle cave di Carrara rappresentano meno del 5% del totale. In Europa si parla di 2,6 miliardi di tonnellate di prodotti estratti e i metodi utilizzati a Massa Carrara sono tra i più controllati e soggetti a discipline per sicurezza e a regole di tutela ambientale tanto che i cavatori di Carrara e le tecniche studiate e inventate a Carrara dai nostri cavatori sono modelli internazionali.
Sarebbe bene quindi guardare ai numeri certificati del Comune di Carrara che dicono una cosa inconfutabile e che cioè a Carrara si scava meno e meglio che in passato. Infatti osservando l’evoluzione 2009-2018 è facile notare come mentre la produzione di blocchi è scesa di 24mila tonnellate, quella dei detriti è calata di oltre 600mila tonnellate. Nel 2009 erano state estratte 908.183 tonnellate di marmo in blocchi, nel 2018 883.994, quindi una variazione minima. Sempre nel 2019 invece i derivati dell’escavazione (scaglie bianche, scaglie scure, scogliere, tout venant) erano 2.962.008 tonnellate, nel 2018 sono scesi a 2.323.644 tonnellate.
E se si guarda un po’ più indietro, dal 2005, questo trend è ancora più marcato, dato che i non-blocchi (scaglie, terre etc) erano oltre 4,2 milioni di tonnellate. Nel 2005 si escavavano infatti oltre 5 milioni di tonnellate (5.141.148 per l’esattezza) di cui 877.965 tonnellate in blocchi, che è quindi quasi la stessa quantità del 2018 (883.994 ton), ma erano 4.263.183 le tonnellate di derivati contro i 2,3 milioni di tonnellate di oggi. Ad esempio 13 anni fa c’erano 3,5 milioni di tonnellate di scaglie bianche e nere (3.478.299 per l’esattezza) . Quindi oggi ci sono ben 1.562.652 tonnellate in meno di scaglie, un calo di quasi la metà, il 45% per la precisione. Cioè da oltre 5 milioni di tonnellate di escavato si è scesi ai circa 3 milioni attuali, eppure la quantità di blocchi è quasi la stessa (poco meno di 900mila tonnellate) mentre ciò che sta notevolmente calando sono i detriti.
Questo vuol dire solo una cosa: CHE OGGI SI SCAVA MENO E MEGLIO CHE IN PASSATO.
Senza dimenticare che un tempo quei detriti nemmeno venivano calcolati, ma abbandonati sui monti: tutto rimaneva in cava e scendevano solo i blocchi. Oggi invece non solo non si accumula più al monte, ma si utilizza anche quello che negli anni addietro era stato accumulato. Sarebbe quindi un errore vedere questa attività di rimozione degli accumuli dei detriti del marmo come negativa e non invece come un esempio positivo.
I detrattori delle cave di marmo, delle aziende e dei lavoratori del settore lapideo, preferiscono alla pietra naturale i prodotti artificiali ma non sanno che l’incidenza sull’inquinamento di un metro quadrato di pietra artificiale rispetto a quella di pietra naturale è molto ma molto più ampia. Sono centinaia gli studi scientifici che dimostrano dati alla mano che i materiali alternativi alle pietre naturali a parità di superficie producono molta più CO2 e concorrono al riscaldamento globale molto più del marmo, e nello stesso tempo hanno bisogno di molta meno manodopera rispetto alle lavorazioni della pietra naturale.